martedì 22 dicembre 2020

Chi c'è dietro il pensiero?

Tutti noi abbiamo una mente. Se Dio ce l'ha donata una ragione ci sarà. Sicuramente la mente non è nostra nemica, semplicemente molti di noi non sanno utilizzarla ma, al contrario, ne sono utilizzati, posseduti, a volte uccisi. I processi di pensiero sono il lavoro naturale della mente. La mente, ogni giorno, processa in media circa 60000 pensieri.

Come dicevo sopra, la mente non è nostra nemica, tuttavia, suo malgrado, lo diventa, ciò perché pochi di noi le lasciano fare il suo lavoro e finiscono dentro i processi di pensiero, ci si immedesimano talmente tanto da ripeterli più e più volte trasformandoli in ossessioni. In condizioni di osservazione esterna delle attività mentali, al secolo pensieri, la mente continuerebbe a fare scorrere i pensieri senza trattenerne nessuno se non per il tempo necessario affinché il processo avvenga in maniera corretta.

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Le persone tendono a complicarsi la Vita, sempre. Se ci sono tante persone infelici, incazzate, insoddisfatte, piene di odio, incapaci di amare, incapaci di perdonare, ciò è dovuto ad un'unica causa: il processo di pensiero ripetuto all'infinito e non controllato.

E' come un disco incantato che continua ad eseguire una particolare traccia dello stesso brano, una rottura di palle, in pratica! Eppure ormai quasi tutti vanno avanti così, basta uscire fuori per accorgersene: gente che parla da sola, che dimentica il motivo per il quale è uscita, che litiga per ogni minima banalità, che vive nel giudizio e, a sua volta, lo teme.

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Tutto nasce dalla mente, tutto finisce con la mente. Come si fa ad uscire da questo circolo vizioso, da questo gorgo che sembra aver risucchiato dentro quasi tutto il genere umano? La risposta è ATTENZIONE. E' attraverso l'attenzione che si può fare la differenza fra il continuare a vivere come dei cadaveri pensati da un'entità aliena che sembra averci posseduti o il distaccarsi da questi servomeccanismi fino a raggiungere la libertà interiore assoluta e definitiva.

Una considerazione fondamentale è d'obbligo: NOI NON SIAMO STATI, NON SIAMO E NON SAREMO, MAI E POI MAI, I NOSTRI PENSIERI. Allora una domanda sorge spontanea: chi c'è dietro il pensiero? Bella domanda, vero? Solo indagando in maniera introspettiva si potrà trovare la risposta giusta e, assieme ad essa, la libertà.

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Ma chi c'è dietro il pensiero? Fatta la domanda, mi sembra giusto dover dare una risposta, la mia, personale, in base al mio cammino esperienziale. Sicuramente, i pensieri sono prodotti dalla mente, ma dietro di essi c'è dell'altro, ci siamo noi, entità vibrante di coscienza, ma prima di tutto ciò dobbiamo riconoscerci in quanto tali dopo esserci affrancati dalla mente coi suoi processi automatici.

Per far ciò dobbiamo, prima di tutto, smettere di credere di essere i nostri pensieri, la nostra mente e cominciare a capire che noi siamo l'osservatore muto, una sorta di Dio, se vogliamo, che osserva la sua creazione ma non interviene mai né, tanto meno, si identifica in essa. I pensieri sono come un film, come un gioco, se vogliamo, un gioco in cui perde chi finisce col prenderlo troppo sul serio. 

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Ovviamente, la parte più difficile consiste nel non credere più a ciò che la mente proietta nelle nostre teste ogni giorno riconoscendo, al contempo, che noi siamo altro, siamo di più. Noi siamo libertà dal nostro corpo, dalle nostre emozioni, dai nostri sensi, basta riconoscerlo e capire che, tuttavia, tutto questo ci serve per interagire in questa dimensione ma, sicuramente, non ne dobbiamo essere schiavi.

La scelta di essere liberi, di andare oltre il pensiero, spetta a noi, come atto di volontà. Siamo noi che possiamo decidere di lasciare fare alla mente il suo lavoro senza, tuttavia, rimanere vittime dei suoi film. Siamo sempre noi che possiamo andare oltre le apparenze, oltre la fisiologia delle emozioni fino a liberarcene. Noi siamo i liberi creatori della nostra realtà ma, prima di riuscire in tutto ciò, dobbiamo riconoscerci padroni della nostra mente, non più schiavi dei suoi processi di pensiero.
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Noi siamo il vuoto che osserva la propria creazione e, se non gli va più a genio, può sempre modificarla. L'importante è rimanere sempre distaccati, lasciando scorrere i pensieri, anche quelli che, all'apparenza, sembrerebbero i più importanti. Tutto è vuoto e illusione, l'esterno non esiste, tutto ciò di cui abbiamo bisogno sta GIA' dentro di noi, occorre solo prenderne coscienza per vedere subito modificato anche ciò che sta fuori il quale altro non è se non una mera proiezione della nostra interiorità.

Vincenzo Bilotta

martedì 8 dicembre 2020

Saper stare da soli

"Chi sa stare da solo è una buona compagnia". (Vincenzo Bilotta)

Oggi voglio parlarvi della solitudine o, meglio, dell'illusione che quasi tutti gli esseri umani, anche quelli che sono all'inizio del cammino, provano quando rimangono soli con se stessi. Perché si ha tanta paura della solitudine?

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In primo luogo perché nessuno ci ha insegnato a stare bene con noi stessi, con la nostra interiorità. In secondo luogo il fatto di provare paura deriva da schemi comportamentali ereditati dalla società, dalla famiglia, dai luoghi comuni che ci fanno sentire inadeguati, tristi se stiamo da soli e, di conseguenza, ci fanno credere strane le persone che vivono e stanno divinamente da sole.

Chi sta bene da solo è visto come una persona scontrosa, asociale, un eremita, un disadattato, ma la lista potrebbe essere lunga un articolo intero e non è questo il mio scopo oggi. Se ho parlato di come sia guardato e giudicato male chi sta bene con se stesso, l'ho fatto per evidenziare il fatto che la nostra società è costituita da persone infelici, dipendenti dagli altri, sole per illusione.

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Sì, sole per illusione, perché nessuno di noi è mai stato, né sarà mai, solo. Ci si crede soli se non si esce ogni sera, se non si frequentano molte persone, cene, feste e festini, ma nessuno ha mai creduto che anche questo potrebbe essere strano e mascherare, dietro a tutto questo andirivieni di persone, una profonda, ancestrale paura di dover fare i conti con se stessi una volta cessati i rumori di fondo, quando si rimane da soli nella quiete della propria casa.

Il fatto è che le persone credono poco, o niente, in se stesse, hanno bisogno sempre del consenso degli altri, dei giudizi positivi per andare avanti, di una pacca sulla spalla da parte degli amici ad avallare le proprie scelte, ma nessuno mai, o pochi, ha pensato che proprio quando si scioglie questa paura di rimanere soli si è veramente liberi e capaci di stare in compagnia.

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Chi ha paura di rimanere solo, infatti, non esce con gli amici per divertirsi, non prova gioia ma, spesso, prova più paura di quando rimane da solo a casa. Ciò perché viene a crearsi un circolo vizioso di ansia che porta a pensare se domani quegli amici ci saranno ancora o se si rimarrà da soli... Con se stessi!

In realtà questi sono degli schemi mentali di paura, destinati a ripetersi all'infinito, a meno che... A meno che non si prenda coscienza del fatto che il vero benessere, la vera completezza derivano dall'aver fatto amicizia con la propria interiorità, coi propri demoni, trovando al proprio interno un punto di equilibrio che ci permetta, finalmente, di riconoscerci perfetti e completi così per come siamo, sia dentro che fuori, e ci consenta di bastare a noi stessi.

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Solo quando avremo riconosciuto la nostra interiorità potremo dirci delle persone complete, sane e capaci di condividere la nostra gioia col mondo esterno, senza più elemosinare compagnie, feste e distrazioni esterne allo scopo di rinviare il momento in cui dovremo guardarci dentro per poter scoprire, infine, che quel che pensavamo fosse un vuoto incolmabile era in realtà un luogo di pace dove rifugiarci per fare pace con noi stessi. 

Vincenzo Bilotta

lunedì 23 novembre 2020

L'immaginazione negativa

Tutti noi abbiamo un dono, quel dono, il più importante che possa essere stato messo a disposizione  degli esseri umani: esso si chiama immaginazione. E' attraverso l'immaginazione che ogni cosa può essere realizzata. Pensate ai progettisti, designer, architetti, fumettisti, scrittori, blogger, registi e, in generale, a tutti coloro i quali, come me, utilizzano la propria immaginazione fino a realizzare nella realtà i progetti che sono stati, prima, in grado di sognare e credere possibili fino a viverli con successo nelle proprie Vite.

Ma, purtroppo, la maggioranza delle persone a volte non sa come utilizzare questo grande potere immaginativo racchiuso nella mente di ciascun essere umano, così molti si ritrovano a lasciare inespressi i propri talenti contentandosi di un lavoro qualunque. Fin qui nulla di strano, alla fine stiamo parlando della maggior parte delle persone, dopotutto nessuno c'insegna ad utilizzare il potenziale immaginativo che ciascuno di noi possiede.

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Dopotutto a scuola gli stessi insegnanti non possono fare altro che trasmetterci ciò che loro stessi conoscono, ciò è naturale. Lo stesso avviene a casa coi genitori, parenti e quando siamo con gli amici. Insomma, nelle scuole, a casa, con gli amici, impariamo a conoscere cose nuove, date, posti, nomi di persone, ma non impariamo a conoscere noi stessi, la nostra interiorità.

Succede, anzi, che, spesso, lungi dall'utilizzare l'immaginazione al fine di realizzare lo scopo della nostra Vita, sia esso lavorativo, sentimentale o quanto ci sta più a cuore, usiamo la stessa per farci del male, creandoci disagi psicofisici anche di una certa entità. Questo accade perché, come sappiamo bene, il pensiero è energia. 

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Ovviamente, il pensiero avrà un'energia diversa a seconda del suo contenuto. Di conseguenza un pensiero positivo migliorerà la nostra Vita in tutti i suoi settori, mentre un pensiero negativo... Beh, basta uscire in giro per accorgersi subito degli effetti del pensiero negativo sulle persone: aggressività, frustrazione, depressione, violenza e inconsapevolezza totali.

L'immaginazione non è altro che il pensare a qualcosa, immaginarla appunto. Ma pare che gran parte dell'umanità, quando decide di utilizzare il suo potere immaginativo, lo faccia solo in maniera autodistruttiva, da qui il titolo dell'articolo di oggi: L'IMMAGINAZIONE NEGATIVA.

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Quando si utilizza l'immaginazione negativa, risulta chiaro quali potranno essere i risultati: stati d'ansia, rabbia, paura, sensi di colpa, questi tanto per citarne alcuni, ma la lista potrebbe essere molto più lunga, infinita... Il fatto è che si pensa sempre al peggio e, così facendo, risulta evidente come ci si possa sentire a livello emotivo, anche perché i pensieri influiscono direttamente sulla fisiologia del nostro corpo e, dal momento in cui si utilizzerà l'immaginazione negativa, ciò farà rilasciare all'ipotalamo, per mezzo dell'ipofisi, i cosiddetti ormoni dello stress.

Gli ormoni dello stress creano un circolo vizioso, una sorta di dipendenza da parte dell'organismo, così il cerchio è completo: si utilizza l'immaginazione negativa, il cervello produce gli ormoni dello stress, l'organismo permane in uno stato di tensione, il cosiddetto "attacco o fuga" e, di conseguenza, si diventa dipendenti da questi stati d'ansia.

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Io conosco alcune persone che si ripetono come un mantra un vecchio detto siciliano che recita "pensa o' mali cà ti vena ù beni" che tradotto significa "pensa al male così ti arriva il bene"... Pensando al male, immaginando in maniera negativa l'evoluzione delle cose nel mondo e all'interno delle nostre Vite, non faremo altro che attirare altro male, oltre al male che ci faremo a livello psicofisico.

Sì, perché se si utilizza un'immaginazione negativa, si attraggono eventi, persone e cose negative nella propria Vita, tutto questo per la legge dell'attrazione, la quale è sempre pronta ad esaudire ogni nostro desiderio, conscio o inconscio. Da qui l'esigenza di trasformare la propria immaginazione da negativa in positiva per trasformare il nostro mondo interiore e, di conseguenza, tutto ciò che sta al di fuori di noi: cose, persone, eventi, luoghi.

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Quando si comincia un lavoro su di sé, sarebbe di fondamentale importanza cominciare a visualizzare la Vita dei propri sogni cominciando, al contempo, a ringraziare, come se la si fosse già ottenuta. Questo meccanismo ci aiuterà ad esercitarci nell'immaginazione positiva, lasciandoci alle spalle, pian piano, quella negativa. Sarà come una sorta di disintossicazione graduale sia dall'immaginare le cose in negativo che dagli ormoni dello stress.

Infatti, il lavoro più difficile sarà quello di smettere di nutrirsi, drogarsi, di dolore e degli ormoni ad esso connessi, direi consequenziali. Insomma, dobbiamo imparare ad immaginare in positivo, sostituendo pensieri gioiosi, di successo, di fede in un futuro ricco di belle notizie e nuove ed arricchenti opportunità, se davvero vogliamo ricondizionare le nostre mappe sinaptiche cerebrali, educandole alla gioia e all'equilibrio.

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L'immaginazione positiva avrà effetti anche a livello cellulare. Le prime cellule che potranno godere di questi benefici saranno quelle del cervello e, di conseguenza, anche l'ipofisi comincerà a produrre i cosiddetti ormoni del benessere trasformando, di conseguenza, il nostro sistema psicofisico permettendo, al contempo, il ripristino dell'equilibrio omeostatico e il mantenimento dello stato di salute perfetto.

In questo modo tutto nella nostra Vita si trasformerà. Abbiamo già descritto gli effetti che si producono a livello fisiologico nel nostro cervello, prima e nel nostro corpo, di conseguenza. Ma il bello deve ancora venire... Trasformando il nostro mondo interiore, non potremo fare a meno di mettere in moto la legge dell'attrazione, la quale ci invierà cose, persone, situazioni ad aumentare i nostri già elevati livelli di amore incondizionato e gioia interiore sviluppati grazie al potere dell'immaginazione positiva.

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Da oggi, e per almeno 21 giorni, provate a sostituire l'immaginazione positiva a quella negativa. Di conseguenza, alla lamentela, tristezza, depressione, rabbia sostituite la GRATITUDINE, LA GIOIA DI VIVERE, L'ENTUSIASMO, L'EQUILIBRIO INTERIORE, fatelo per almeno 21 giorno, tale è, infatti, il tempo minimo affinché si mappino nuove reti sinaptiche nel cervello recanti, al loro interno le nuove abitudini acquisite. Se questa non è magia...

Vincenzo Bilotta





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lunedì 9 novembre 2020

La paura dell'abbandono

Quello della paura dell'abbandono è uno degli argomenti più delicati che possano essere trattati. Di solito, essa si origina nella primissima infanzia, ma capita anche durante l'età adulta. Si può essere abbandonati o sentirsi tali, non ha importanza. 

Ciò che importa è che il soggetto che si sente abbandonato, costruirà uno schema di abbandono che tenderà ad accompagnarlo all'interno di relazioni di amicizia, lavorative o sentimentali, poco importa, facendogli sabotare, prima o poi, questi legami fino a fargli rivivere il trauma da abbandono, più e più volte.

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Come detto prima, la paura dell'abbandono nasce dall'aver vissuto un abbandono da parte di una persona che costituiva per noi un punto di riferimento. Essa avviene improvvisamente, ci lascia sorpresi, spaventati, tristi... Può capitare che, mentre siamo ancora piccoli, uno dei nostri genitori muoia o vada via di casa o, ancora, da adulti, il partner ci tradisca o decida di andarsene all'improvviso.

Ecco che, in quei contesti, nasce la paura dell'abbandono. Questa paura è la conseguenza della mancata accettazione della scelta che l'altra persona fa, di andare via. Dopotutto, ogni anima ha un suo percorso, ma tutto questo va oltre le aspettative della mente. 
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Nessun genitore, infatti, si sognerebbe di morire per il piacere di abbandonare il proprio figlio in tenera età, ma l'anima, probabilmente, aveva in serbo per lui proprio quel progetto, ciò a fini evolutivi, ma vallo a spiegare al bimbo, quando non vede più tornare a casa il papà, o la mamma, per poterlo/riabbracciare...

Questi sono dei traumi che ci si porta dentro a Vita e che, se non elaborati correttamente, tenderanno a sabotare tutte le relazioni future. Ma perché avviene questo sabotaggio? Qui, oltre agli schemi mentali c'entrano molto le energie del soggetto che si porta dentro la paura dell'abbandono. La paura è, essa stessa, energia, e tenderà, se non osservata e trasformata, ad avvelenare tutti i rapporti che vivrà o, almeno, proverà a vivere, la persona che se la porta dentro.

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Di conseguenza, se una donna abbandonata dal primo partner che considerava l'amore della sua Vita, non sarà capace di portare alla coscienza il fatto che non tutti gli uomini sono uguali ma, al contrario, tenderà a portare in un rapporto l'energia della paura del tradimento/abbandono, di conseguenza attirerà a sé, per la legge dell'attrazione, partner che la tradiranno per poi abbandonarla.

Spesso, sempre a causa della paura dell'abbandono, si sabotano le relazioni ancor prima che comincino. Capita, infatti, che la persona che ha paura di essere abbandonata ci metta poca energia/entusiasmo, nella storia, ciò fin dal principio. Questa mancanza di entusiasmo, questa scarsa energia nel rapporto, può essere sentita dal potenziale partner ed interpretata come una forma di disinteresse a che il rapporto cresca portandolo, di conseguenza, ad andarsene prima ancora che la storia possa diventare seria.

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Ma come fare a non cadere sempre nello stesso schema precludendosi, così facendo, la possibilità di essere finalmente felici? Innanzitutto bisognerebbe prendere coscienza del fatto che ci si trascina dentro, in maniera inconsapevole e, a volte da moltissimo tempo, ancora questa paura dell'abbandono associata, spesso, alla paura di rimanere soli.

Dopo aver preso coscienza di queste dinamiche che governano in maniera automatica la nostra mente, occorrerà trasformarle fino ad estirparle, proprio come si fa con le erbacce quando invadono il nostro giardino. Per far questo sono utili diverse metodologie, quali ipnosi regressiva, costellazioni familiari, meditazione. Io personalmente utilizzo E.F.T., logosintesi, T.A.I. da molti anni e mi ci trovo benissimo. Ognuno di voi potrà scegliere la tecnica che fa per sé in base al proprio sentire.

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In ogni caso sarà importante un accurato e profondo lavoro su di sé prima di innamorarsi di un nuovo partner, ciò per evitare di soffrire e far soffrire l'altro/a a causa della paura dell'abbandono inconsapevole che, se non portata alla luce e sanata, tenderà a far perpetuare questi schemi autosabotanti all'infinito.

Vincenzo Bilotta 

lunedì 26 ottobre 2020

Non puoi cambiare gli altri

"Non puoi cambiare gli altri, puoi cambiare te stesso ed essere da esempio". (Vincenzo Bilotta)

Ogni essere umano, si sa, è fatto a modo suo. Ha un suo modo di pensare, agire, vivere. Ciò che influenzerà la personalità adulta saranno il contesto familiare, culturale ed educativo nel quale un determinato soggetto cresce e dal quale, inevitabilmente prenderà esempio. Una volta divenuto adulto, alla fine di quello che io definisco processo educativo-programmatico, l'essere umano si sarà fatto una determinata idea sulla Vita... In realtà gli avranno insegnato che idea farsi sulla Vita!

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Nella società in cui viviamo, le scuole, le istituzioni e tutti coloro i quali sono preposti alla nostra educazione, cercano di inquadrarci, definirci, farci credere determinate cose... Una sorta di manipolazione mentale avviene fra i banchi di scuola, di una chiesa o nelle panchine di un campo sportivo. I nostri insegnanti, preti, allenatori, infatti, un pò come noi del resto, tenderanno a programmarci a credere, agire e pensare in una determinata maniera.

Ma se tutto questo, un bel giorno, non ci bastasse più? Ecco nascere le crisi d'identità, il bisogno di avvicinarsi a qualcosa di trascendente che possa darci un sollievo, almeno momentaneo, dai pensieri che sembrerebbero non lasciarci un istante di tregua. Da queste crisi d'identità, spesso, potrà nascere il cambiamento nella persona che le sta vivendo.

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Il desiderio di cambiare porterà a sperimentare il lavoro su di sé, volto al cambiamento dei propri modi di pensare e agire attraverso la destrutturazione dagli schemi mentali acquisiti durante il processo educativo-programmatico. Questo richiederà costanza, impegno, coraggio, occorrerà mettersi in discussione e mettere, di conseguenza, in discussione tutto ciò che ci è stato insegnato, imparando a remare controcorrente e a lasciarsi scivolare di dosso gli eventuali giudizi da parte di chi, conoscendoci da diverso tempo, vorrebbe impedirci di cambiare, credendoci dei "folli".

Ma se già il nostro, di cambiamento, risulta abbastanza complesso, figuriamoci il voler cambiare a tutti i costi gli altri. Proprio del voler cambiare gli altri mi occuperò in questo mio articolo. 

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Durante il nostro cammino di crescita personale, nato, come ho già avuto modo di scrivere sopra, dal desiderio di cambiare in meglio la nostra Vita smettendo, al contempo, di continuare a pensare come ci hanno insegnando gli altri per cominciare a farlo, invece, in maniera autonoma, potrà capitarci di incontrare persone che sembrerebbero essere in difficoltà e dovrebbero, a nostro avviso, cambiare qualcosa nelle loro Vite.

In questi casi verrebbe spontaneo aiutare gli altri a cambiare, cominciando a dispensare consigli alla persona di nostra conoscenza, su ciò che sarebbe bene fare o non fare allo scopo di cambiare. Ciò costituisce una forzatura, non è così, infatti, che si può aiutare una persona a cambiare. Chi è in difficoltà e necessità, per questo, un cambiamento, non va mai forzato a farlo, potrebbe essere non pronto o, peggio, andare in blocco, ciò a causa di paure delle quali, magari, noi non siamo a conoscenza.

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L'unica cosa che possiamo fare se vogliamo davvero aiutare una persona a cambiare, è cambiare noi stessi e fare da esempio. In questo modo, l'altro può seguire la nostra via per sua libera scelta e senza sentirsi obbligato in alcun modo a farlo. Possiamo parlare di come abbiamo fatto noi a cambiare, magari creando dei blog come questo, dove descriviamo i passi salienti che, se seguiti, potrebbero portare al cambiamento, ma non dobbiamo, mai e in alcun modo, cercare di cambiare gli altri imponendoglielo o, comunque, dicendogli di cambiare e offrendoci come "guide" che possano indicare loro il cammino da intraprendere.

OGNUNO CAMBIA SE STESSO QUANDO E' PRONTO E SOLO SE NE HA VOGLIA. NESSUNO PUO' CAMBIARE ALTRI SE NON SE STESSO. TUTTI GLI ALTRI, QUELLI CHE NON SONO ANCORA PRONTI O NON GLIENE FREGA NULLA DI CAMBIARE, VANNO LASCIATI IN PACE, ALTRIMENTI SI RISCHIA, ATTRAVERSO QUESTI TIPI DI FORZATURE, DI ARRECARE DANNI E DI LITIGARE CON QUESTE PERSONE ROVINANDO, A VOLTE, DELLE AMICIZIE O RAPPORTI SENTIMENTALI.

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Ricordiamoci sempre, quindi, che noi dobbiamo limitarci al lavoro su di sé, gli altri, se vorranno, potranno prendere spunto, ma noi non dovremo, MAI E POI MAI, offrire aiuti non richiesti o pressare, in alcun modo, le persone in questione a cambiare, ciò perché costituirebbe una forma di violenza psicologica e non avrebbe senso.

Vincenzo Bilotta



domenica 11 ottobre 2020

Uscire dalla routine

Gli esseri umani tendono a vivere di abitudini. Attraverso la ripetizione costante di determinati comportamenti, col passare del tempo, ognuno di noi si crea delle routine. Per esempio, tendiamo a percorrere la stessa strada ogni giorno per andare al lavoro, a frequentare la stessa palestra, lo stesso supermercato, gli stessi locali quando usciamo a divertirci.

Cosa c'è di male in tutto ciò? Proprio nulla! E' solo che, ripetendo sempre la stessa routine, si tende, col tempo, a stagnarvi dentro, smettendo di cercare le novità, nuovi stimoli e, in generale, situazioni che possano portarci a vivere in maniera nuova e diversa una Vita che, altrimenti, rischia di divenire piatta e priva di significato.

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Ma cosa spinge le persone a vivere una routine standard piuttosto che una Vita piena di novità, creata momento per momento, in grado di portare una ventata di freschezza, novità fino a trasformarci in persone più sagge, resilienti e gioiose? La risposta è: la paura.

Si ha paura del nuovo, proprio quel nuovo che, lui solo, potrebbe portare rinnovamento nelle nostre Vite. E' solo cambiando abitudini, un pò per volta, fino ad uscire da una routine standard fondata su degli automatismi che si ripetono, spesso, da decenni, che si potrà realizzare una profonda trasformazione interiore.

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Certo, il cambiamento deve avvenire prima a livello interiore. Tutto parte da noi, questo ormai è risaputo, l'esterno va di conseguenza, si limita a riflettere ciò che proiettiamo noi da dentro, attraverso le nostre abitudini, azioni, modi di pensare. In una parola, noi influenziamo la realtà esterna attraverso il nostro modo di essere, che è interno a noi, fa parte della nostra essenza.

Di conseguenza, se davvero vogliamo uscire dalla routine, risulta ben chiaro che dobbiamo prima visualizzare un nuovo modo di vivere, dobbiamo sviluppare la capacità immaginativa necessaria a cambiare, un pò per volta ma in maniera costante, piccole abitudini stagnanti della nostra Vita. Sì, avete capito bene, piccole abitudini, un passo per volta, senza correre, ma COSTANTE E DEFINITIVO.

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Tutto ciò ci porterà, pian piano, fuori dalla zona di comfort, preparandoci a cambiamenti più grandi. Per esempio, se voglio cambiare casa, città, lavoro, non posso cominciare di certo direttamente, ciò in quanto sarebbe, per la maggior parte delle persone, un cambiamento troppo grosso e, di conseguenza, stressante. Così comincerò col girare nuove città per vedere dove si vive meglio in termini di qualità della Vita, prezzi degli immobili, opportunità lavorative.

Un passo alla volta, piccoli passi ma costanti. Poi il resto, il cambiamento più grosso (trasferimento in un'altra città, vendita della casa, cambio di lavoro) avverrà di conseguenza, un pò come una reazione a catena, è tutto consequenziale, un pò come avviene con una catena arrotolata dove, tirando una sola maglia, quest'ultima farà sì che tutta la catena la seguirà.

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dove
Altro consiglio per non avere paura di uscire dalla routine è il non pensare di cambiare, ma agire in direzione del cambiamento. Il solo pensare, infatti, a volte ci blocca nella nostra libera espressione del cambiamento mentre l'agire senza pensarci su troppo, o per nulla, ci porterà al cambiamento concreto. Meno seghe mentali e più azioni, quindi, ed avanti tutta verso la creazione di una Vita più consapevole, creativa e ricca di novità.

Vincenzo Bilotta

domenica 27 settembre 2020

Mente presente e presenza mentale

In questo mio articolo voglio parlarvi di una distinzione fondamentale, fondamentale per chi, sia ben chiaro questo, lavora su di sé. Oggi vi parlerò di mente presente e presenza mentale. No, non è un semplice gioco di parole... Esso è letteralmente un parlare di due mondi totalmente opposti, paragonabili alla notte con il giorno.

Vi parlerò, per cominciare, della mente presente. La stessa parola vale, da sola, a spiegare il concetto. Mente presente è la mente di chi è perso nei labirinti del pensiero. Basta uscire fuori, al mattino, per accorgersi di molti, troppi, esempi pratici di mente presente: gente che parla da sola, guida mentre invia messaggi con l'ormai immancabile smartphone al fianco, insomma, detto in altre parole, gente che di umano ha solo il guscio ma che in realtà si muove, vive e agisce da automa.

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Mente presente implica persona totalmente identificata con i propri pensieri, fino a diventare suddito, non più sovrano, del proprio regno, il regno mentale. La mente fa da padrona, diventa tirannica, schiavizza il soggetto che vi si assoggetta. E' presente quasi sempre, non lascia mai in pace il soggetto che viene ad essere pensato per quasi tutto il giorno e cessa, causa l'inconsapevolezza e il mancato lavoro su di sé, di pensare in maniera autonoma e lucida.

Quando la mente è presente, ogni cosa viene svolta in maniera automatica, l'essere e il sentire sono sovrastati dal fare. Quasi mai ci si accorge di ciò che si fa, in quanto si è totalmente assorbiti all'interno del programma mentale, si eseguono gli ordini senza possibilità alcuna di esserne coscienti o di ribellarsi...

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Del resto, per potersi accorgere degli automatismi che lo governano, l'uomo dovrebbe essere, prima, in grado, di sviluppare una certa presenza mentale, che è quella della quale mi accingo a parlarvi adesso, dopo aver chiarito il concetto di mente presente.

La presenza mentale non è una cosa che si ha, piuttosto è una cosa che si E'. Essere presenti e, di conseguenza, presenza mentale, significa accorgersi della mente presente, tirannica, che ci rende schiavi dei suoi programmi fino a diventare degli automi, ed uscirne fuori, liberandosi dalla schiavitù del pensiero compulsivo.

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Per essere presenti occorre una grande forza di volontà, costanza, impegno e tanta, tanta pazienza. Ecco il motivo per cui si vedono in giro molti cadaveri ambulanti, coi capi perennemente chini sugli smartphone o, peggio, con le cuffie per non sentire più la Vita ed isolarsi... Sì, perché risulta molto più facile cadere vittime dei programmi mentali e, di conseguenza, della mente presente, piuttosto che sforzarsi nell'essere presenti mentre ciò accade.

Basterebbe il solo accorgersi di dipendere dallo smartphone, dalle droghe, dal lavoro, dal modo di pensare compulsivo per rendere possibile un barlume di risveglio, non dico l'illuminazione, ma almeno la fede nella possibilità che ciò potrebbe accadere in un futuro prossimo.

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Bisogna capire che lo stato di sonno nel quale versa, oggi, la maggior parte della gente non rappresenta la normalità. Sì, mi direte voi, tutti siamo, ad un certo livello, addormentati. Potrete ancora obiettare che lo smartphone è utile, che alcuni tipi di droga leggera non hanno effetti collaterali, che gli straordinari al lavoro vi servono per pagarvi il mutuo della casa... Sono tutte scuse!

Il fatto che si dipenda dalla mente, che la si faccia regnare diventandone schiavi, non è la normalità! E' assolutamente folle! Se tutti fanno così ciò è dovuto a due ragioni: 1) nessuno gli ha mai insegnato a comportarsi in maniera diversa o gli ha mai detto che esiste un modo per uscire dalla mente attraverso il lavoro su di sé; 2) pochi, davvero pochi, hanno voglia di svegliarsi davvero, spegnere la mente ed accendere la propria passione per la Vita, sviluppare e coltivare la propria creatività, ciò perché risulta molto più facile andare avanti col pilota automatico, limitandosi ad eseguire dei programmi.

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Il cambiamento non è mai facile, per nessuno. Esso comporta l'uscita da abitudini consolidate in noi attraverso anni di ripetizione... Il problema sta nel fatto che queste abitudini, lungi dal renderci liberi e felici, annullano la nostra volontà, la nostra coscienza fino a farci diventare come delle macchine progettate per eseguire determinate funzioni all'interno del contesto nel quale vengono inserite dopo essere state programmate (educazione-programmatica o istruzione scolastica).

Prendere coscienza dell'esistenza della mente presente è il primo passo fondamentale affinché si possa passare, col lavoro e la disciplina necessari, alla presenza mentale e, di conseguenza, tornare in Vita incidendo le maglie che ci tenevano dentro un sistema che ci avrebbe voluto produttivi ma non di certo SVEGLI.

Vincenzo Bilotta

lunedì 14 settembre 2020

Non sprecare la tua energia

Stamattina, appena alzato, ho osservato la mia mente. La mente, si sa, dopo una notte di inattività salta giù dal letto prima di noi ed è già pronta a pensare, e pensare, e pensare. Essa fa arrivare, con impeto improvviso, pensieri a raffica, quasi a rifarsi del riposo notturno forzato.

Così, spesso, riemergono ricordi poco piacevoli e, se non si è pronti ad OSSERVARLI, si rischia d'identificarsi con ciascuno di essi rimanendovi intrappolati e, così facendo, si spreca energia. Come dicevo all'inizio di questo articolo, stamattina, appena alzato, ho osservato la mia mente.
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Continuando l'osservazione ho notato come essa tende a focalizzarsi su problemi inesistenti o su tematiche davvero futili. Se non la si osservasse, la mente prenderebbe già di prima mattina il controllo su di noi, togliendoci la possibilità di gestire al meglio la nostra giornata e facendoci diventare degli zombie, la cui anima è prigioniera del pensiero di turno.

Ma osservarsi non è semplice né, tantomeno, facile. L'osservazione richiede volontà, costanza, coraggio, a volte autoironia, ciò per evitare di prendere troppo sul serio ogni singolo pensiero, si rischierebbe davvero di impazzire. Quando ci si esercita nell'osservazione della mente coi suoi processi di pensiero, si sprecano, di sicuro, delle energie.
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Ciò è naturale ed è, in ogni caso, inferiore allo spreco di energie costante che si avrebbe, invece, attraverso l'identificazione con i pensieri elaborati dalla mente. Non è di certo semplice risparmiare energie quando si comincia a credere e, di conseguenza, ad identificarsi con i circa 60000 pensieri che ogni giorno affollano la nostra mente.

L'osservazione della mente costituisce una forma di gestione ecologica di sé ed evita, sicuramente, l'inquinamento sia interiore che, di conseguenza esteriore (per maggiori approfondimenti puoi cercare il mio articolo dal titolo "Pensieri che inquinano"). 

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Se ci fate caso al mattino, quando uscite di casa, il campo energetico che percepite andando in giro per gli uffici, i negozi e le strade, non è di certo alto, ciò perché la maggior parte della gente butta letteralmente nella spazzatura gran parte delle proprie energie lasciandosi fagocitare da pensieri futili e, spesso, ossessivi. Anche i telefonini, in questo, fanno la loro parte, contribuendo a rendere le persone ancora più schiave dell'esterno rispetto al passato.

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Questo è inquinamento da pensiero! Per uscirne, per praticare l'ecologia del pensiero, occorre accorgersi di essere pensati, scegliere di disidentificarsi e di pensare quando serve. Solo così si potranno risparmiare energie che serviranno non solo a mantenerci in salute ma a diffondere un pò di luce in un mondo dominato dalle tenebre e dalla dipendenza.

Vincenzo Bilotta

domenica 30 agosto 2020

La palestra emozionale

E' possibile allenarsi fino a diventare più forti a livello emotivo o, per usare un termine tanto in voga oggi, fino a sviluppare la resilienza necessaria ad affrontare gli accadimenti ordinari e straordinari della nostra Vita partendo da uno stato di equilibrio completo?

Questa è la domanda che mi sono posto oggi. La mia curiosità nasce dal fatto che chi va in palestra per allenare i muscoli, se lo fa con l'intensità necessaria, prima o poi comincerà a crescere e a costruire il fisico dei propri sogni. Ma è possibile fare lo stesso a livello emotivo, diventare, in altre parole, più "muscolosi" e pronti ad affrontare qualsiasi sfida la Vita ci ponga davanti?
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In realtà ciò è possibile da sempre, ma bisogna volerlo, essere disposti ad andare oltre i propri limiti e, spesso, a soffrire, adottando il motto che si usa in bodybuilding "No pain, no gain" (trad. Niente dolore, niente guadagno). 

In effetti un bel fisico può aiutarci ad aumentare l'autostima, renderci più sexy ma non può fare assolutamente nulla di fronte ad eventi che coinvolgono il nostro sistema nervoso, che hanno a che fare, in altre parole, con la sfera emotiva. La vera forza sta dentro di noi, il resto è mera estetica, per carità, non guasta, anch'io ho praticato bodybuilding, di certo insegna la tenacia, la costanza, la resistenza al dolore e alla fatica e, soprattutto, la disciplina ma da solo non basta.
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L'uomo completo è colui il quale è riuscito ad espandersi da dentro, compiendo una sorta di esplosione volta a renderlo potente, connesso, sveglio e VIVO nel QUI E ORA. Ma dove si possono sviluppare queste qualità superiori a livello emotivo, fino a diventare più forti e bilanciati?

Risponderò a questa domanda paragonando il nostro sistema psicofisico ai muscoli del nostro corpo e la Vita alla palestra che un pò tutti noi, per periodi più o meno lunghi, abbiamo frequentato nell'arco della nostra esistenza per mantenerci in forma.
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Possiamo definire la Vita una palestra emozionale, un ambiente dove possiamo, se vogliamo, siamo costanti e abbastanza disciplinati, sviluppare la resilienza emotiva necessaria ad affrontare qualsiasi evento più forti, preparati ed elastici.

Bisogna tenere a mente che la Vita non ci manda mai ciò che è superiore alle nostre capacità psicofisiche, il problema, semmai, è un altro: noi non accettiamo le sfide, non capiamo che tutto è transitorio, perfino le nostre Vite stesse, così restiamo intrappolati nel loop di pensiero che tende a reiterare all'infinito un presunto problema fino a renderci impossibile l'esistenza.
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Qual'è la soluzione? Innanzitutto bisogna prendere coscienza del fatto che noi siamo più grandi delle singole situazioni quotidiane, siamo anime immortali, di conseguenza siamo eterni rispetto agli eventi i quali, a differenza delle nostre anime, sono transitori e legati al tempo e allo spazio.

Le nostre anime non hanno bisogno di spazio e di tempo, sono sempre nel QUI E ORA, in pratica sono eterne, infatti sopravvivranno ai nostri corpi quando saremo morti. Potrà capitare che qualche evento che vivremo sarà molto intenso a livello emotivo, ma in questi casi, lungi dal renderci vittime delle circostanze, alla luce di quanto detto finora, dobbiamo cogliere l'occasione per crescere e diventare più forti.
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Essenziale diventa, in questo contesto, l'avere sviluppato la capacità di osservazione in assenza assoluta di giudizi di qualsiasi tipo. La Vita, infatti, è come è, lasciamola essere, limitiamoci a vivere ciò che ci manda come un dono, un'opportunità di crescita invece di sentirci in trappola o, peggio, di resistere, altrimenti non faremo altro che sprecare energie alimentando, al contempo, attraverso la negatività dei pensieri ripetitivi, il permanere di determinate situazioni.

NON E' LA SITUAZIONE CHE CI FA SOFFRIRE, SIAMO NOI A NON ACCETTARE LA SFIDA E A COGLIERE, AL CONTEMPO, L'OPPORTUNITA' PER CRESCERE ED USCIRNE PIU' FORTI E PIU' SAGGI.
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Da oggi impariamo a fluire con la Vita, diventiamo suoi discepoli o, se vogliamo, frequentatori della sua palestra di crescita emotiva. Così facendo scopriremo in ogni persona o situazione all'apparenza problematiche che ci invierà, dei doni preziosi per crescere e sviluppare quella resilienza emotiva che sarà capace di fare di noi persone complete e belle dentro, non più solo fuori.

Vincenzo Bilotta

domenica 16 agosto 2020

Il regno dell'amore

"E' meglio aver amato e perso che non aver amato mai". (Alfred Tennyson)

Oggi voglio parlarvi di un regno, in particolare del regno dell'amore. Amare non è mai semplice, perfino la parola amore fa paura a molte persone, specie quando una storia finisce e si tende a chiudere nei confronti di potenziali future relazioni ciò per paura di tornare a soffrire.

Ma se si ha paura di vivere un nuovo stato d'innamoramento e, in conseguenza di ciò, una nuova storia d'amore, si rischia di rimanere bloccati nel passato. Il passato fa parte, così come il futuro, del regno del tempo. Il regno del tempo è abitato dalla paura, la quale trae nutrimento dal tempo.

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Si ha paura e, di conseguenza, si vive nel tempo, quando, pur vivendo una nuova storia, si tende a guardarla con gli occhi rivolti al passato e nel timore che possa finire male come la precedente o, ancora, quando si proietta la nuova relazione sentimentale nel futuro e si vive nell'ansia rispetto a come potrà evolvere il rapporto col passare del tempo.

Ma l'amore, per inteso, non può nascere, crescere e diventare qualcosa di veramente importante, in grado di cambiarci la Vita, se noi continuiamo a viverlo nel regno del tempo, ciò per un semplice fatto: il regno del tempo appartiene alla paura, essa ci vive dentro fino al collo.

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Cosa fare allora? Affinché si possa vivere una vera storia d'amore libera da dubbi e paure, occorre viverla al presente. Il QUI E ORA, infatti, è l'unico momento in cui una nuova storia d'amore possa nascere senza correre il rischio di ripetere vecchi copioni o di andare in ansia per come potrà evolvere, altrimenti sarebbe solo paura, non amore.

Quando si comincia una nuova storia d'amore, occorre essere PRESENTI all'interno della relazione, altrimenti si corre il rischio di ripetere le dinamiche conflittuali delle storie passate. Bisogna voltare pagina, lasciarsi il passato alle spalle, rilassarsi e cominciare a vedere con gli occhi del nuovo e sempre e solo al presente.

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Chi ama davvero diventa eterno, ogni paura scompare, perché il tempo non ha più ragione di essere, resta solo l'apertura alla Vita e l'accoglienza del nuovo scaturente dalla nuova relazione. L'annullamento del tempo ci consentirà di innamorarci partendo da zero, proprio come se fosse la prima volta che ci succede, ciò perché saremo liberi sia dal passato, col suo carico di sofferenza, che dal futuro, con le sue relative ansie rispetto a come potrebbe evolvere il rapporto sentimentale con il nuovo partner.

Per innamorarsi dell'altro occorrerà, prima di tutto, innamorarsi di sé, accettandosi ed amandosi per quel che si è. Dopo essersi innamorati di sé occorrerà innamorarsi della Vita, accettandola come un dono e così come viene. Solo dopo essersi innamorati di sé e della Vita ci si potrà, infine, innamorare DAVVERO del partner, altrimenti si rischierà di ripetere le dinamiche di sofferenza già sperimentate con le storie precedenti.

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L'altro ci fa da specchio e non è mai un nostro completamento ma, semmai, una persona con la quale condividere, al di fuori del tempo, l'amore verso se stessi e verso la Vita. La relazione può nascere solo da una reciproca accettazione, dall'assenza di aspettative e da una completa libertà da ogni senso di possesso o controllo nei confronti dell'altro, diversamente sarà destinata ad essere governata dalla paura e, di conseguenza, a finire.

Vincenzo Bilotta

domenica 2 agosto 2020

Alchimia delle emozioni

Ciascuno di noi, nella quotidiana interazione con il mondo esterno, è portato a provare svariati tipi di emozioni. Non sempre, però, queste saranno emozioni di gioia. Spesso si tratterà di emozioni spiacevoli, le cosiddette emozioni negative come rabbia, paura o tristezza. In quei casi sarà necessario imparare ad osservarle per poi gestirle in maniera tale da non venirne travolti e, spesso, annientati.

Ma come fare? Di certo, non è semplice gestire delle emozioni, anche perché esse arrivano all'improvviso quale reazione a determinate dinamiche esterne che possono accaderci nella quotidiana interazione che abbiamo con cose, persone e situazioni di vario genere. Di conseguenza, bisognerà, dapprima, sviluppare una capacità di osservazione, la sola che ci potrà consentire di conservare la lucidità necessaria per non farsi travolgere quando arriverà l'onda-emozione.
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Senza una buona capacità di osservazione distaccata, non sarà possibile sviluppare la necessaria presenza mentale che ci consentirà di non entrare in reazione con l'emozione ma, lungi da ciò, ci farà agire in maniera vantaggiosa permettendoci, inoltre, di gestire al meglio la situazione senza perdere mai il radicamento in sé.

L'osservazione delle emozioni costituisce un lavoro di tipo alchemico-trasformativo. Possiamo paragonare l'emozione non osservata al veleno. Essa, se continueremo a lasciarla agire in noi ponendo in essere schemi di tipo reattivo, agirà un pò come un veleno, consumandoci lentamente, giorno dopo giorno. 
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Il lavoro di osservazione è l'unico che può permetterci di trasformare l'emozione in antidoto, anziché lasciarla agire come veleno. In questo modo guariremo dall'emozione attraverso la sua trasmutazione alchemica, ciò grazie ad un lavoro su di sé che comprenderà esercizi di meditazione e ricordo di sé.

Trasformando il veleno dell'emozione in antidoto, effettuiamo lo stesso lavoro che viene svolto quando si estrae il siero dal veleno dei serpenti. In pratica, capovolgeremo la situazione a nostro vantaggio, utilizzando l'emozione come stimolo ad uscire dallo stato di rabbia, tristezza o paura che sia, invece di rimanerne vittime inermi e per un periodo di tempo che potrebbe durare, a fasi alterne, anche tutta la Vita.
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Non dobbiamo considerare l'emozione come una nostra nemica, sarebbe contro natura farlo, essendo l'emozione naturale, fa parte della nostra fisiologia, sviluppata durante l'evoluzione stessa della razza umana. Ciò che è innaturale è il trattenerla, focalizzandosi su di essa perché, così facendo, la si alimenterà facendola crescere, correndo il rischio di identificarsi con essa.

Occorre  lasciarla fluire, l'emozione, senza mai trattenerla, semplicemente bisogna osservarla, non giudicarla e lasciarla andare. E' solo una reazione naturale del nostro sistema psicofisico a determinate dinamiche sia interiori che esteriori, la fisiologia fa il resto, va così, non alimentiamo la cosa e, dopo un pò di tempo, tutto tornerà alla normalità, com'è naturale e giusto che sia.
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Il semplice fatto di osservare l'emozione, dopo un pò di tempo ci consentirà di poter gestire in maniera più valida ed efficace la nostra Vita interiore così come le relazioni con il mondo esterno, permettendoci di risparmiare energie, tempo e salute.

Vincenzo Bilotta