domenica 29 ottobre 2017

Osservazione, disidentificazione, liberazione

Ogni giorno circa 60000 pensieri affollano la nostra mente e ci tengono “compagnia” durante le nostre attività quotidiane, anche se non sempre la loro compagnia è gradita. Di fatto, molti pensieri sono ripetitivi fino alla monotonia ma deve andare bene perché, a volte, capiterà che ne sopraggiungano alcuni in grado di turbare la nostra quiete fino a rovinarci, in casi estremi, la giornata, prima, e la Vita, poi.

Ogni pensiero contiene in sé un’energia che lo contraddistingue da tutti gli altri. Di conseguenza, se penseremo ad un futuro positivo fatto di cose belle, allora le energie che ci governeranno saranno salutari per il nostro sistema psicofisico ma se, viceversa, i pensieri che governeranno la nostra mente saranno dominati da ansie derivanti da preoccupazioni per il futuro o ricordi dolorosi legati al passato, ecco che avvertiremo dapprima un senso di disagio a livello fisico/mentale che potrà sfociare in uno squilibrio psicofisico qualora non riusciremo a lasciarli fluire oltre il nostro spazio personale.
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Ma come fare a controllare un pensiero, specie se non si ha avuto mai coscienza del fatto che ci ha condizionati per giorni, mesi, a volte anni? Le tappe che possono portare, se seguite con COSTANZA E VOLONTA’, all’uscita dalla mente coi suoi schemi di pensiero a volte ossessivi, constano di tre punti fondamentali: OSSERVAZIONE, DISIDENTIFICAZIONE, LIBERAZIONE.

L’osservazione in sé non può produrre un risultato concreto se non si sarà sviluppata prima con costanza una pratica meditativa volta a formare una certa coscienza di sé come entità esistente oltre il corpo fisico e al di sopra delle attività mentali. Dopo aver sviluppato questa coscienza, si potrà compiere il primo passo consistente nell’osservazione delle attività mentali.
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Per far ciò si dovrà dedicare, nel corso della giornata, del tempo alla meditazione. Esistono diversi tipi di meditazione ma il più semplice e potente, che potrà consentire un approccio concreto alla pratica dell’osservazione, è sicuramente quello consistente nell’osservazione del proprio respiro. Basteranno all’inizio anche 5 minuti al giorno, purché ci si riesca ad isolare dalle attività frenetiche della Vita quotidiana le quali, diversamente, tenderebbero a distrarci dalla pratica.

Dopo un po’ di tempo (almeno 3 settimane) si potrà portare gradualmente la pratica dell’osservazione del respiro ad un tempo di 30 minuti. All’inizio ciò sarà importante la COSTANZA unita alla VOLONTA’ di praticare per 5 minuti al giorno. Ci si siederà in una posizione comoda, si punterà una sveglia per 5 minuti e poi si rimarrà seduti, schiena dritta, ad osservare il respiro che entra e il respiro che esce. I pensieri non tarderanno ad arrivare, voi limitatevi a riportare l’attenzione sul respiro ogni volta che ciò accadrà.
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Questo esercizio ha la funzione di sviluppare la capacità di osservazione dei pensieri. Col tempo, infatti, assieme al respiro si potranno osservare i pensieri che non mancheranno di arrivare durante la pratica. Questo è il primo passo, lo sviluppo della capacità di osservare, evitando di giudicare i pensieri e lasciandoli, invece, fluire senza attaccamento a nessuno di essi, sia belli che brutti.

Dopo aver preso dimestichezza con l’esercizio del respiro e avendo sviluppato, in parallelo, la capacità di osservarsi mentre la mente continua a sparare i pensieri a raffica, si potrà passare al secondo esercizio, la disidentificazione. L'osservazione da sola non basta, infatti, a farci uscire fuori dal loop di pensiero che non sembra avere mai fine, simile ad un cane che insegue la propria coda (se vuoi approfondire questo concetto puoi cercare il mio articolo intitolato "Il cane che si mordeva la coda")…
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Per stabilizzarsi ed uscirne fuori occorrerà DISIDENTIFICARSI dai pensieri, smettendo di crederci e di ragionarci sopra, il cosiddetto dialogo interiore scaturente dall’iperattività mentale e dalla conseguente voglia di “rispondere” a quelli che sono semplici automatismi ma che di reale hanno ben poco.

Quando saremo giunti all’esercizio della disidentificazione, troveremo un nemico che cercherà di impedirci in tutti i modi di uscire dall’identificazione con le forme pensiero: esso si chiama ego. Molte persone hanno un forte ego il quale fonda, a sua volta, le basi per la sua sopravvivenza sulle forme pensiero. In pratica l’ego per esistere ha bisogno di possedere un’identità (se vuoi approfondire l'argomento inerente l'ego puoi cercare il mio articolo intitolato "Struttura dell'ego").
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Di conseguenza, occorrerà smettere di credere ai pensieri, di assumerne l’identità ma, soprattutto, di assorbirne l’energia, altrimenti continueremo ad alimentare il nostro ego in un ciclo che si ripeterà all’infinito, a meno che…

A meno che non decideremo di smettere di crederci, respirarci sopra ed andare oltre gli schemi mentali che sembrano destinati a governare la maggior parte degli esseri umani dei giorni nostri. Se riusciremo ad osservarci senza, al contempo, identificarci coi nostri schemi di pensiero e le loro dinamiche, raggiungeremo l’ultimo gradino del percorso, in pratica acquisteremo la LIBERTA’ dai pensieri e dalle loro energie.
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Nel momento in cui riusciremo a liberarci dalla mente coi suoi pensieri compulsivi, torneremo ad essere noi stessi riacquistando, nello stesso momento, la nostra connessione con l’Intelligenza Divina Interiore, le nostre capacità creative, e tutto quello che non eravamo mai riusciti ad esprimere perché prigionieri di noi stessi e delle nostre credenze artificialmente introdotte attraverso il processo di educazione-programmatica ricevuto dai nostri educatori, insegnanti, genitori e tutti coloro i quali ci hanno seguiti fin dal giorno in cui siamo venuti al mondo.


Vincenzo Bilotta

domenica 15 ottobre 2017

Gli obblighi e le scelte

Come ho ormai avuto modo di spiegare e ribadire in altri miei articoli, noi nasciamo liberi da condizionamenti, con quel senso di meraviglia e quella innocenza tipiche dei bambini. Questo ci porta, da piccoli, ad essere degli avventurieri, a vivere nella meraviglia, a gioire del QUI E ORA. Basta vedere un bambino per accorgersene subito: quando gioca GIOCA, quando ride RIDE, c'è sempre, in quella frazione di secondo, se vogliamo parlare di tempo e di spazio ed essere mentali (come se non bastassero tutte le seghe mentali che ci facciamo nel corso della giornata!), il bambino è VIVO E PRESENTE A SE STESSO E ALLA VITA REALE.

La magia finisce quando il bambino viene a contatto con il mondo degli adulti e comincia per lui il processo educativo-programmatico. Da quel momento in poi, il bambino comincerà ad essere inquadrato in un sistema fatto di schemi mentali e ragionamenti automatici che ne faranno, pian piano e attraverso la ripetizione e l'imitazione, un adulto, praticamente, per intenderci, uno dei tanti zombie che incontri al supermercato e che vagano senza sapere nemmeno di essere vivi.
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Quando finisce il processo educativo-programmatico, si diventa "adulti-robot". Da quel momento in poi e per il resto dell'esistenza, ci si comporterà in base agli schemi acquisiti, tendendo a re-agire più che ad agire. Agire, infatti, è tutt'altra storia, lo può fare solo chi è cosciente di essere in prigione, una prigione chiamata educazione e schema mentale acquisito tramite essa e decide, proprio per questo, di liberarsi.

Ma fintanto che si resta chiusi nei propri schemi mentali, si rimarrà obbligati a re-agire in maniera "standard" a determinati stimoli a noi esterni. Lo schema, infatti, è pilotato dalla mente la quale, non appena le si presentano eventi/cose/persone con dinamiche simili a quelle sperimentate ed archiviate nella propria memoria, tenderà a ripetere le procedure re-attive apprese e conservate nel proprio hard disk.
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Da qui nasce l'illusione di poter scegliere quale comportamento adottare in determinate situazioni mentre, in realtà, di scelte ne abbiamo ben poche. Più che scelte si parla di risposte automatiche, obbligate. Quando succede una cosa non sei più tu a controllare la situazione, entra in gioco il servomeccanismo mentale coi suoi schemi sperimentati in situazioni simili passate e, di conseguenza, tu tendi a comportarti come ti hanno insegnato in famiglia, a scuola, in chiesa, in palestra, alla tv.
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Per essere VIVI e tornare padroni di noi stessi e poter passare da questo comportamento obbligato-automatico al comportamento scelto da noi bisogna prima prendere coscienza del fatto che siamo governati dagli automatismi derivanti dagli schemi mentali acquisiti.

Solo dopo essersi ACCORTI della meccanicità del nostro comportamento in risposta a situazioni che si ripetono in maniera simile a quelle passate potremo uscire dagli schemi mentali acquisiti avendo, per ciò stesso, la possibilità di scegliere in maniera attiva e non più re-attiva, quale comportamento adottare quando si presentano determinate situazioni.
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Solo da quel momento in poi saremo sicuri di essere liberi, genuini e non più degli automi, fotocopie di un sistema che tende a creare un gregge di pecore disposte ad obbedire non per scelta propria ma, piuttosto, perché la libertà si scegliere o di rifiutarsi non gli è mai stata insegnata.

Vincenzo Bilotta












lunedì 2 ottobre 2017

Uscire dal giudizio

"Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati". (Mt. 7, 1-2)

Fin da piccoli, coloro i quali sono preposti alla nostra educazione-programmatica, c'insegnano a comportarci, a fare e ad essere in una determinata maniera. Per farci obbedire ai loro insegnamenti, veniamo sottoposti, spesso, al giudizio, ciò qualora non ci atteniamo alle regole da loro impartiteci. In questo modo impariamo, entriamo, nel giudizio.
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Ci viene insegnata una perfezione irraggiungibile e, proprio per ciò, passeremo il resto della nostra Vita a temere il giudizio altrui, in generale, e quello delle persone di fronte alle quali teniamo a fare una "bella figura", in particolare.

Va detto che il giudizio, oltre a temerlo lo apprendiamo divenendo, per ciò stesso, anche noi dei giudici nei confronti sia degli altri che, soprattutto, di noi stessi. In un mondo materialista come quello occidentale è facile essere giudicati e sentirsi inadeguati rispetto all'ambiente nel quale si vive ogni giorno. Le mode cambiano in fretta e, con esse, anche i gusti delle persone sono come delle bandierine la cui direzione dello sventolare cambia a seconda di dove soffia il vento.
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Noi temiamo il giudizio degli altri perché noi per primi siamo giudici imparziali di noi stessi e, in un secondo tempo, siamo portati a giudicare gli altri e, contemporaneamente, a temere l'altrui giudizio. Col giudicare gli altri non facciamo altro che criticare nel nostro prossimo le cose che, in realtà, dovremmo migliorare in noi.

Con la paura del giudizio creiamo, inoltre, un'energia ostile che attirerà a noi i giudizi delle persone, ciò a causa della legge dell'attrazione, in base alla quale i nostri pensieri, se ripetuti nel tempo, ne attireranno altri simili per energia e contenuto (se vuoi saperne di più sulla legge dell'attrazione, puoi leggere il mio libro L'ARTE DELLA CONSAPEVOLEZZA, YOUCANPRINT EDIZIONI, oppure puoi cercare l'apposito capitolo in omaggio fra i titoli presenti in questo blog digitando: LA LEGGE DELL'ATTRAZIONE sul motore di ricerca).
(La copertina del mio libro)

Un mondo come il nostro, basato sul giudizio, è un mondo duale in cui si tende a giudicare tutto grazie alla mente diabolica (da diaballon, colui che divide) la quale deve per forza giudicare tutto in: buono/cattivo, bello/brutto, capace/incapace, alto/basso e chi più ne ha, più ne metta.

Per la mente è essenziale catalogare, dividere e giudicare in quanto essa trae l'energia necessaria alla sua sopravvivenza attraverso la creazione e il mantenimento in Vita del mondo duale. Se, però, la mente attraverso il giudizio si assicura la sopravvivenza, noi ne facciamo le spese, vivendo il nostro inferno personale, costituito da paure, rabbia, senso di inadeguatezza, tutti prodotti dal giudizio emesso da noi stessi nei nostri confronti o che gli altri rivolgono a noi.
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La soluzione c'è e consiste nell'uscire dal giudizio, sia quello emesso nei nostri confronti che quello espresso, invece, nei confronti degli altri. Quando si smette di giudicare, si smette, automaticamente, di alimentare il dualismo della mente che tutto vuole dividere attraverso il suo continuo confrontare/giudicare.

Quando smettiamo di giudicare, finiremo, a nostra volta, di essere giudicati, è uno specchio, non si scappa. Uscendo dal giudizio si può finalmente e contemporaneamente, uscire dal mondo della dualità per poter raggiungere l'UNO.
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Nell'UNO tutto è così come E', si ritorna alle origini dell'uomo, al tempo in cui era cosciente di sé e non necessitava della conoscenza che gli avrebbe regalato esperienza sì, ma lo avrebbe anche separato dal Divino, almeno temporaneamente, facendogli dimenticare chi in realtà lui fosse.

Vincenzo Bilotta