domenica 17 giugno 2018

Cos'è la normalità?

Ognuno di noi acquisisce, fin dai primi anni di Vita, attraverso il processo educativo e le interazioni con gli altri una propria visione della realtà e di tutti gli accadimenti al suo interno. In base a ciò, com'è ovvio, si tenderà a dare una propria interpretazione a quello che è il concetto di normalità.

Se si nasce in un famiglia di acrobati ed illusionisti, sarà considerato normale chi possiede un'agilità fuori dal comune. Diversamente, se una persona nasce in una famiglia di contabili, ecco che subito cambierà la visione della Vita in se stessa e, con essa, anche quello che è il concetto di normalità. Come potete capire da quanto detto fino ad ora, TUTTO E' RELATIVO E STRETTAMENTE DIPENDENTE DALLA PERSONA CHE VIENE AD OSSERVARE ED INTERAGIRE CON UN DETERMINATO FENOMENO.
(Immagine presa dal web)

Ovvio, per certi fenomeni si potrà avere un parere quasi unanime sul concetto di normalità. Se, ad esempio, chiedessimo a diverse persone cosa possono vedere in cielo di notte quando è sereno, la risposta più probabile sarebbe: "le stelle"! Diverso, invece, sarebbe il caso in cui chiedessimo a quelle stesse persone cosa ne pensano del fenomeno dell'osservatore oppure come considerano i fenomeni di autoguarigione.

Va detto, inoltre, che il concetto di normalità può variare nel corso degli anni ed attraverso le esperienze che il singolo soggetto andrà vivendo all'interno della sua Vita. Man mano che s'interagisce con persone, situazioni e stili di Vita diversi da quelli di cui si era a conoscenza, infatti, i nostri "campi visivi" rispetto a ciò che è normale e ciò che non lo è si amplieranno inevitabilmente.
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E' importante poter avere l'opportunità di arricchire ed integrare le proprie conoscenze riguardo al mondo fino a quel momento conosciuto. Anche la scelta di voler lavorare su di sé può determinare un cambiamento della visione prospettica riguardo la Vita e le sue dinamiche e, di conseguenza, trasformare radicalmente la nostra percezione della normalità.

Se di punto in bianco un ragioniere diventa esploratore e comincia ad andare in giro per il mondo, sarà inevitabile un suo cambiamento d'interpretazione rispetto a quello che è il concetto di normalità. Anche il passaggio dalla medicina allopatica a quella olistica in generale porta ad un cambiamento e ad una revisione radicale del concetto di normalità.
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Dopotutto, noi tendiamo a definire normale ciò che è comune alla visione di massa rispetto a certi fenomeni mentre tendiamo a definire coi termini di "strano", "particolare", "diverso", "inusuale", tanto per citarne alcuni, tutti quei fenomeni che esulano dai confini delle nostre conoscenze acquisite fino a quel momento.

Detto questo, da ciò si evince come sia importante il saper rispettare ed integrare la propria visione del mondo e del relativo concetto di normalità con quella delle persone con le quali s'interagisce. Ognuno di noi, dopotutto e come abbiamo avuto modo di analizzare in questo mio articolo, ha la propria visione della realtà, della Vita e di ciò che, secondo lui è o, meglio, dovrebbe essere la normalità.
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In questo contesto sarebbe auspicabile una corretta integrazione fra i diversi punti di vista relativi alla Vita, attuabile attraverso il non giudizio rispetto alla visione diversa che gli altri possono avere di determinate dinamiche della Vita rispetto a noi. Ognuno ha il suo mondo e in quello vive. Nessuno può nè, tantomeno, deve giudicare chi vive e vede la Vita e il relativo concetto di normalità in una maniera diversa dalla propria.

L'unità la si raggiunge attraverso il superamento dei concetti relativi di bene/male, giusto/sbagliato, bello/brutto e, non da ultimo, normale/anormale. Solo andando oltre le parole e i giudizi sulle singole visioni della realtà da parte di chi ci sta intorno, potremo finalmente realizzare che il mondo è bello perché è vario, per poter tornare all'UNO attraverso l'integrazione nella diversità dei punti di vista perché proprio grazie ad essa, lungi dal criticarci l'un l'altro aggrappandoci a delle stupide visioni relativistiche del mondo, potremo finalmente sviluppare una mentalità aperta e ricettiva gettando via, definitivamente, i paraocchi che ci avevano impedito fino ad oggi di poter cambiare ed evolvere attraverso la condivisione e l'accettazione senza giudizio.

Vincenzo Bilotta

domenica 3 giugno 2018

I castelli di carta

Noi siamo frutto dell'educazione-programmatica ricevuta durante la nostra crescita. I principi di questa educazione impartitaci ci serviranno, una volta divenuti adulti, a vivere ed interagire nella comunità della quale facciamo parte permettendoci, al contempo, di gestire al meglio ogni situazione che ci troveremo a vivere.

Accede spesso, però, che l'educazione ricevuta non sia adatta a darci una visione a 360 gradi del mondo ma, lungi da ciò, ci permetta solo una visione parziale e schematica di certe realtà trascurandone, inevitabilmente, altre e facendoci perdere, per ciò stesso, la visione globale della Vita e delle sue dinamiche.
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Molte persone potranno vivere ed interagire con il solo bagaglio di conoscenze ereditate attraverso il processo educativo-programmatico. Queste persone sono, in genere, gli umanoidi medi, coloro i quali non si chiedono il perché delle cose e che vivono e interagiscono con il mondo circostante in maniera automatica divenendo, per ciò stesso, servi del sistema.

Accanto all'umanoide medio, però, esiste un tipo di persona che non è più disposta a vivere la Vita così come gliel'hanno insegnata a scuola attraverso conoscenze di seconda mano tramandate in maniera meccanica senza alcuna valutazione introspettiva riguardo la loro reale efficacia. Questo tipo di persone, sono coloro i quali hanno aperto gli occhi e cercano di rimanere svegli attraverso un costante lavoro su di Sé.
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Quando la realtà circostante con la quale si interagisce quotidianamente smette di darci i risultati che avremmo voluto ottenere attraverso i comportamenti appresi dai nostri educatori, sarà inevitabile, per chi è già pronto, cercare soluzioni nuove riguardo a situazioni nei confronti delle quali nessuno ci aveva mai preparato né, tantomeno, avvertito della loro esistenza.

In quel momento ci si accorgerà di aver abitato in dei castelli di carta, fatti di convinzioni limitanti, visioni limitate della realtà circostante. In quello stesso momento, crollerà ogni certezza, ogni sicurezza, verremo inevitabilmente scacciati dalla nostra zona di comfort.
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Molte persone, di fronte a questa scoperta, rimetteranno in piedi il loro castello di carta personale, facendo finta che non sia accaduto nulla, per continuare poi a vivere la solita routine, ignorando le possibili diverse soluzioni. Faranno ciò per paura del nuovo, di costruire tutto da zero e senza l'aiuto di nessuno perché, come ben sappiamo, il lavoro su di Sé va fatto da soli, nessun altro può sostituirsi a noi e alla nostra volontà incrollabile di cambiare.

Altre persone, invece, saranno dei pionieri nella costruzione di nuove realtà, ma dovranno fare ciò dalle fondamenta in quanto assieme al castello anch'esse erano di carta, almeno quelle che abbiamo ricevuto in dotazione attraverso l'educazione-programmatica.
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Laddove la maggior parte della gente vedrà con paura i limiti dei propri castelli di carta e non si azzarderà ad uscire dalla propria zona di comfort, altri vedranno questo evento come una sfida, un'opportunità per crescere più forti e consapevoli di sempre.

Questo nuovo castello, per chi avrà il coraggio di cominciarne la costruzione, andrà edificato dalla base, ponendo in essere solide fondamenta e facendolo salire mattone dopo mattone, senza fretta avendone a cuore, piuttosto, la sua solidità. Le sue stanze, così come i suoi singoli mattoni e le sue stesse fondamenta, saranno riempite da nuovi modi di vedere la Vita, tutto questo avverrà grazie ad una visione a 360 gradi che consenta un'assoluta elasticità e disponibilità al cambiamento, ciò quando un modo di pensare o di agire non sortiscono più i risultati desiderati.
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Quando il castello sarà completato, esso risulterà solido e flessibile nei confronti della mutevole realtà quotidiana. Ma, cosa più importante, noi diventeremo sovrani di un castello che ha le sue solide basi nel nostro regno interiore e non più sudditi di un'educazione-programmatica e limitante che ci ha fatto credere, fino ad oggi, di essere stati sovrani di un regno esteriore fatto di cartapesta.

Vincenzo Bilotta