domenica 24 dicembre 2017

Le ragioni dell'ego vs le certezze dell'anima

"Non siamo esseri umani che vivono un'esperienza spirituale, siamo esseri spirituali che vivono un'esperienza umana." (Teilhard De Chardin)

Tutti quanti, anche il più addormentato e scettico, non siamo altro che corpi presi in prestito dalle nostre anime allo scopo di fare esperienza in questa realtà ed in questo pianeta. Dopotutto se l'anima non trovasse un "contenitore" dove albergare, non potrebbe interagire con la realtà materiale che ci troviamo di fronte ogni giorno.

Grazie al corpo l'anima comincia, fin dal primo giorno di "nascita" all'interno del nostro corpo attuale, a fare esperienze sensoriali. Pian piano che il processo di educazione-programmatica entra a far parte di quello che le greggi umane chiamano "istruzione", l'anima comincia a cadere nell'oblio, come se, in un certo senso, si mettesse a dormire.

In quel momento, al posto dell'anima subentra la mente. E' attraverso la mente, infatti, che cominciamo ad imparare i concetti che c'insegnano a scuola e, sempre attraverso la mente, memorizziamo le varie esperienze che facciamo nell'arco della nostra Vita. In pratica, sotto questo punto di vista, l'anima non serve anche perché l'anima GIA' SA e non ha nulla da imparare.
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Proprio per questo motivo l'anima in un certo senso comincia a poltrire, a disinteressarsi della sua missione, del progetto per il quale si è incarnata. Qui, e proprio grazie a ciò, la mente farà da padrona assoluta, rendendo l'uomo medio-mediocre schiavo di se stesso e delle sue illusioni create attraverso gli schemi mentali.

La mente, man mano che cresceremo e verremo programmati attraverso l'istruzione, creerà l'ego e lo comincerà a strutturare (ti ricordo che puoi approfondire gli argomenti riguardanti l'anima e il suo progetto e l'ego cercando in questo stesso blog i miei articoli intitolati: IL PROGETTO DELL'ANIMA e STRUTTURA DELL'EGO) in maniera tale da crearci un'identità "umana".

Ma che significa "identità umana"? A cosa mi riferisco? Ah, già... Quasi dimenticavo! La mente per sopravvivere e dominare ha bisogno dell'ego, che è poi una sua creazione ed un suo alleato. E' attraverso l'ego che noi sentiamo il bisogno di "essere qualcuno", di "avere qualcosa" che ci contraddistingua sul piano materiale rispetto alla massa.

L'ego è legato al senso del possesso, all'immagine, al nome, all'appartenenza ad un ceto sociale elevato, al saper fare meglio degli altri... Vi dice nulla? In tal senso l'ego è continuamente alimentato dalla mente coi relativi pensieri che serviranno a farlo crescere a dismisura.
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E' proprio in questo contesto che l'anima, man mano che l'ego crescerà, sarà relegata in un angolino del nostro essere fino ad essere, il più delle volte, dimenticata. E' l'ego che ci fa identificare totalmente con il nostro corpo fisico, ci fa legare alle cose materiali, ci fa aver paura della morte e ci fa sentire in ansia per il futuro... Sempre lui!

Ciò è causato dal legame che l'ego instaura, assieme alla mente, con lo spazio e il tempo. Mente ed ego, infatti, possono esistere solo in presenza di spazio e tempo, sono concetti illusori quanto questi ultimi. L'anima, invece, è infinita, eterna, immateriale e possiede solo certezze.

Mente ed ego di certezze non ne hanno, vivono e, di conseguenza, ci fanno vivere in una condizione di costante paura, insicurezza, senso di colpa, ansia, sempre pronte a dimostrare (l'ego qui fa da padrone) che gli altri hanno torto/colpa/sono sbagliati e noi soli abbiamo ragione e siamo perfetti e, per difendersi fanno valere mille ragioni, infiniti discorsi filosofici che non portano a nulla, non potrebbe essere diversamente, considerato il fatto che mente ed ego sono niente, pura illusione alla quale la maggior parte degli umanoidi medi si aggrappa e difende a spada tratta.

Ora, a parte il fatto che la persona mentale-egoica non si potrà mai ricordare di sé, si capisce bene come l'anima che si è incarnata dentro questi corpi se la dorma alla grande, spesso dal giorno della nascita fino alla morte di questi automi che la contengono. D'accordo, l'anima non s'incarna a caso, lo sceglie apposta quel tipo di esperienza, ma oggi il nocciolo di questo articolo verte su ben altro tema e queste erano solo le premesse.
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Il motivo per il quale ho scritto questo articolo è dato dalla manifesta paura della mente e, di conseguenza, dell'ego quando si trovano di fronte a determinate persone con un'anima integrata nel corpo e in linea con la propria missione, in altre parole quando si mettono ego e mente da parte per cominciare a perseguire i progetti per i quali la nostra anima si è incarnata.

Quando scrivo i miei post capitano persone che non li comprendono o cercano (sperano) di farmi capire le loro ragioni che sono, poi, le ragioni della mente/ego. In questi contesti la miglior risposta, dopo aver cercato di far capire alle loro menti che i miei post sono solo delle condivisioni riguardanti il mio punto di vista sulla Vita, sarà il silenzio da parte mia...

Il silenzio fa parte dell'anima, delle sue certezze mentre, al contrario, il domandare il perché di una certa affermazione continuando a fare domande nonostante le risposte e al solo scopo di aprire dibattiti filosofici, beh... Questo è sia mentale che egoico e ci entra a piè pari... Altro che risveglio e filosofia!

Qui stiamo parlando di persone mentali/egoiche che vogliono far valere le loro ragioni rispetto agli altrui punti di vista, e ciò, alla fin fine, potrebbe andare pure bene, mica dobbiamo avere tutti la stessa idea riguardo determinate dinamiche della Vita! Che noia sarebbe!
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L'inghippo nasce quando la persona pseudofilosofa comincia ad insistere allo scopo di voler cambiare il mio punto di vista, lì è proprio fuori strada... Una cosa è condividere le opinioni, un'altra è voler far valere a tutti i costi le proprie ragioni, che poi altro non sono se non le ragioni della mente egoica!

In questi contesti, se non si sarà abbastanza presenti e svegli, si rischierà di entrare in dei dibattiti infiniti senza mai poter chiarire nulla perché, in verità, non c'è proprio nulla da chiarire. La miglior risposta sarà il silenzio. Questo silenzio, intendiamoci bene, non sarà dovuto ad una supina rassegnazione o resa ma, al contrario, mostrerà che non c'è nulla da aggiungere perché l'anima possiede le proprie certezze e non ha nulla, ripeto, nulla da dimostrare ad una mente ipertrofica che si sente minacciata dagli altrui punti di vista e vuole tenere tutto e per forza sotto il proprio controllo.

E' nel silenzio che dimora l'assoluto. Il silenzio dovrebbe essere l'unico mezzo di comunicazione anche nei seminari tenuti dai vari relatori, me compreso, perché ciò che si trasmette avviene a livello vibrazionale, da anima ad anima e non da anima a mente. La mente, però, non tollera il silenzio, essa lo scambia per mancanza di argomentazioni da parte di chi riceve la domanda, per poter controbattere, ma è completamente persa nelle sue argomentazioni inutili e frutto di  seghe mentali e schemi di pensiero da umanoide medio.

Di conseguenza, se si parla ad una conferenza ciò è dovuto al fatto che anche la mente vuole la sua parte, il suo "nutrimento" materiale ma, credetemi, ciò che avviene a livello vibrazionale e per il solo fatto di essere tutti riuniti all'interno di una struttura per condividere, basterebbe, a livello di anima, a mandare a casa tutti più arricchiti ed evoluti.
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In India si usa andare da alcuni risvegliati al solo scopo di seder loro accanto e senza pronunciare una parola. Dopo un pò di tempo ci si alza e si va via. In quel momento c'è stata una conoscenza fra anime evolute e una contemporanea cessazione, da parte della mente, del suo far valere a tutti i costi le proprie ragioni. In quel momento, abbandonate le paranoie insite negli schemi di pensiero, si è veramente liberi di abbracciare il Divino Silenzio fino a diventare parte integrante con l'Infinito. Questa è la VERA evoluzione a cui ogni essere umano dovrebbe ambire.

Vincenzo Bilotta






domenica 10 dicembre 2017

Figli dello spazio e del tempo?

Viviamo in una realtà virtuale, proiezione consequenziale dei nostri cinque organi di senso. Pur essendo Anime altamente evolute, incarnate in un corpo allo scopo di fare esperienza in questa realtà, ci siamo scordati che la Vita è un gioco, frutto di dinamiche che accadono al solo scopo di farci evolvere.
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Quando si dimentica che tutto ciò che sta al di fuori di noi è solo una proiezione virtuale di ciò che sentiamo dentro in ogni istante, ecco che nasce l'illusione della materia, che si consolida nei concetti di spazio e di tempo. Ogni parola, in questa realtà terrestre, ha un effetto determinato. I concetti di spazio e di tempo sono nati per misurare ciò che c'è di esterno a noi allo scopo di poter interagire nella virtualità ed evolvere in maniera consapevole.

Ma, precisiamo una cosa: spazio e tempo sono stati creati allo scopo di delimitare degli ambiti legati alle distanze o al passare delle ore, tutto qui. Il problema è nato quando l'uomo, attraverso la totale identificazione di Anima con la macchina biologica/corpo, ha creduto veramente nella realtà che lo circondava non sapendo, invece, di esserne lui stesso l'artefice potendo intervenire, in ogni momento, nella virtualità della materia per poterla modificare.
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Per rispondere alla domanda che è poi il titolo di questo articolo: figli dello spazio e del tempo? Direi proprio di no, semmai creatori e gestori del nostro spazio e del nostro tempo, ognuno per conto proprio. La corretta gestione della realtà spaziotemporale dipenderà, com'è ovvio, dalla contemporanea presa di coscienza dell'illusorietà dell'esistenza di una realtà materiale consolidata ed immutabile e dalla conseguente consapevolezza di poter intervenire, in ogni momento, sulla realtà virtuale allo scopo di modificarla.
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Basta un semplice cambiamento nel modo di pensare, infatti, per poter vedere cambiare la realtà a noi esterna. IL PENSIERO CREA LA MATERIA, MA NON SOLO: ESSO E' ANCHE IN GRADO DI MODIFICARLA A PROPRIO PIACIMENTO PURCHE' CHI PENSA SIA PADRONE E NON PIU' SCHIAVO DELLA PROPRIA MENTE.

Tutti i miracoli, le cose fuori dal comune, le apparizioni, avvengono in un contesto che esula dai concetti di spazio e di tempo e permette ad Anima di agire in maniera integrata e funzionale nella realtà virtuale. Prima, però, perché ciò possa avvenire occorrerà uscire dagli schemi mentali, dai luoghi comuni che portano a credere reale ciò che vediamo e inesistente, in quanto incorporeo, i nostri pensieri/modo di pensare.
(Immagina presa dal web)

Nel momento in cui capiremo di essere un'Anima incarnata in una macchina biologica/corpo, allo scopo di vivere ed interagire nella realtà virtuale, in quel preciso istante potremo intervenire sullo spazio e sul tempo divenendone padroni, non più figli né, tanto meno, schiavi.

Vincenzo Bilotta

lunedì 27 novembre 2017

Lo stato di veglia

Se chiedete in giro a chi non lavora su di sé cosa sia lo stato di veglia, molto probabilmente vi sentirete rispondere che è quando la sveglia suona al mattino e scendi giù dal letto. In realtà, dopo essersi alzati dal letto si passa, secondo la definizione data da E.J. Gold, dal sonno orizzontale a quello verticale. In pratica, dal materasso ci si alza, sì, certo, ma solo per continuare a dormire in piedi, camminando come sonnambuli in preda ad uno stato di automatismo.

E poi, ovviamente, succede che ci si tagli mentre si fa la barba, ci si bruci la lingua bevendo il caffè troppo caldo.... Secondo voi perché? Perché si svolge la routine quotidiana in uno stato automatico, si muove la macchina biologica secondo schemi cristallizzati nel subconscio attraverso la ripetizione infinite volte di azioni quali il guidare la macchina, farsi la barba, mangiare, perfino fare l'amore quando non si è abbastanza concentrati e, così facendo, spesso si incontrano problemi relativi alle prestazioni.
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Cosa può portarci nello stato di veglia? Il primo passo per cominciare ad essere PRESENTI A SE' STESSI sarà quello di ACCORGERSI di essere addormentati nel sogno del pensiero. In pratica viviamo una realtà "a casaccio", che segue il flusso continuo ed inarrestabile dei pensieri che la nostra mente produce in maniera compulsiva. Di conseguenza si hanno sbalzi di umore, insoddisfazione di fondo, tendenze al pessimismo, ossessioni che, molto spesso, riescono a rovinarci la giornata.

Lo stato di veglia è un condizione che si realizza molto raramente in maniera spontanea. Le persone ordinarie, quelle che non lavorano su di sé, infatti, se vogliono tornare ad essere COSCIENTI DI SE' hanno bisogno di cominciare un lavoro costante, mirato e frutto di una volontà tenace. Bisogna essere decisi per cominciare a lavorare su di sé in maniera costante.
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Importanti saranno, specie all'inizio, le guide che incontreremo nel cammino. Esse potranno indicarci la strada e i metodi più adatti ad ACCORGERCI DI NOI e dello stato di sonno perpetuo nel quale viviamo in maniera quasi costante nell'arco della giornata. I guru, i maestri spirituali, i coach, i motivatori o come volete chiamarli, serviranno ad indicare la strada e, in un primo tempo, potranno anche accompagnarci per un pò, fino a quando non cominceremo ad orientarci.

Ma, il lavoro importante su di noi andrà svolto in solitudine. Il cammino che porta la coscienza in uno stato di veglia è un cammino solitario, frutto di un'autosservazione costante volta ad accorgersi dell'identificazione da parte dell'Anima con la macchina biologica (il corpo umano). 
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Una volta che ci si sarà accorti di essere dentro una macchina biologica che è poi, in sostanza, solo il mezzo per permettere ad Anima di fare esperienze in questa dimensione spaziotemporale, motivo per il quale si è incarnata in un corpo, ecco che si sarà spezzato parte dell'incantesimo che ci identificava, senza possibilità di salvezza apparente, con il nostro corpo fisico.

Dal momento in cui si realizza di essere un'ENTITA' VIBRANTE DI COSCIENZA OSSERVANTE, ecco che si comincerà a rimanere, per un periodo più o meno lungo di tempo, nello stato di veglia, ciò grazie anche alla disidentificazione dal corpo fisico e la reintegrazione con il corpo animico.
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Ovviamente ci sono degli esercizi per rimanere svegli e coscienti di sé quali il concentrarsi sul respiro, il ricordarsi di sé quando ci si veste/spoglia, quando si fa la barba, si lavano i piatti o si fa l'amore. Questi esercizi, all'apparenza semplici ma efficacissimi, vanno svolti con costanza quotidianamente ed hanno il vantaggio di poter essere svolti dovunque ci si trovi senza per forza dover essere in un ashram o doversi isolare.

Si può decidere di dedicare pochi minuti al giorno a questi esercizi basati sul cosiddetto ricordo di sé, creati apposta da G.I. Gurdjieff per i suoi discepoli e facenti parti degli esercizi della cosiddetta "quarta via". L'ideale sarebbe decidere di ricordarsi di sé mentre si lavano i piatti. Ogni volta che lavate i piatti potete provare questo esercizio. I piatti li dovete lavare lo stesso ma, in questo caso, invece di lamentarvi dei lavori di casa da svolgere potrete trasformarli in una meravigliosa forma di meditazione in totale presenza mentale.
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Provate a farlo per diversi giorni fino a farlo diventare un rito, un pò come quando andate nel centro yoga a praticare, avendo cura, pian piano, di espandere questa presenza in ogni gesto da voi compiuto, anche il semplice scendere un solo gradino del portone di casa vostra o il pedalare in bici. Così facendo voi stessi potrete accorgervi come ciò che prima vi sembrava scontato e lo facevate in maniera automatica in uno stato di sonno verticale, si trasformerà in una celebrazione, la celebrazione del vostro risveglio al momento presente. QUI E ORA, cos'altro può esistere?

Vincenzo Bilotta


lunedì 13 novembre 2017

L'amore esiste?

Tutti conosciamo la parola amore. Essa ci collega automaticamente a stati emotivi superiori, la cosiddetta alchimia superior, che si può ottenere attraverso un'apertura di cuore. Ma, come in ogni cosa, c'è anche il rovescio della medaglia, ciò è inevitabile. In quest'altra faccia della medaglia troviamo, antitetico all'amore, la paura che consegue ad una chiusura di cuore.

Il perché avvenga una chiusura di cuore, ammesso che prima lo si abbia avuto aperto, cosa non comune, è semplice, quasi scontato. Ci si chiude all'amore dopo aver sofferto per una relazione che non è andata secondo le nostre aspettative, se i nostri figli non si comportano come noi vorremmo, se i nostri amici, conoscenti, datori di lavoro, clienti non fanno ciò fa più comodo a noi...
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E allora, subito a lamentarci con frasi fatte del tipo: "l'amore non esiste", "il mondo è pieno di odio", "le persone mi hanno deluso", "gli uomini sono tutti falsi", "mi aspettavo un comportamento diverso da te", "non sei la persona che pensavo di conoscere" e così via all'infinito, ognuno può colorare ciascuna frase con i pennarelli della propria, intima esperienza vissuta nel campo delle relazioni affettive.

Al che sorge spontanea una domanda, che poi è pure il titolo di questo mio nuovo articolo: l'amore esiste? La mia risposta personale è: dipende da dove lo si cerca! Di sicuro l'amore non risiede in qualche luogo, involucro, rituale, persona, rapporto lavorativo, niente di tutto ciò. Al contrario, è proprio il concentrarsi su persone, eventi, rapporti lavorativi che ci fa andare fuori strada e ci fa perdere nel mare delle illusioni o delle delusioni se vogliamo.
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La domanda che sorge spontanea è: ma allora dove lo trovo questo tanto agognato amore? Lo so, ci hanno insegnato che solo se avremo qualcuno che ci ama potremo vivere l'amore, la classica storia d'amore con i due fidanzati/sposi che si tengono per mano e camminano verso il sole che sorge... Questo è tutto falso, costruito da persone che non hanno capito nulla di amore e vogliono anzi, insegnano, agli altri che questo è l'amore vero e cioè avere un partner, uno o più figli, uno o più amici fidati che ci amano, diversamente ce lo possiamo scordare, l'amore...

In realtà l'amore non ce lo porta nessuno a casa, non lo viviamo, lo stato di innamoramento, perché qualcuno ce lo dona, ce lo fa conoscere... Lo stato d'innamoramento è uno stato d'animo, una percezione interiore, una trasmutazione alchemica, un qualcosa che fa parte della nostra fisiologia, un qualcosa che nasce da una nuova e migliorata percezione della realtà. In tutto questo processo le dinamiche a noi esterne quali partner, amici, figli o eventi andati a buon fine hanno il solo scopo di farci entrare nello stato di innamoramento.
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In altre parole, l'amore è interno a noi, mai e poi mai esterno. Se ci riflettete bene, quando vivete una storia d'amore, o vi nasce un figlio o realizzate il lavoro dei vostri sogni, c'è forse qualcuno che dall'esterno vi da qualcosa di fisico tipo pillola o altro tipo di sostanza affinché possiate innamorarvi? La risposta è NO! Siete voi, per vostra libera scelta, a decidere d'innamorarvi, certo, la causa scatenante è esterna a voi, nulla da obiettare, ma il processo che vi permette di vivere lo stato di apertura del cuore è squisitamente interno a voi, ha a che fare con la chimica cerebrale prima e corporea di conseguenza.

L'amore esiste e risiede in noi, nelle nostre reazioni alchemiche, nei nostri mutati stati d'animo, quando diciamo sì alla Vita, quando cominciamo ad accettare ed integrare le nostre parti in ombra, quando accettiamo il mondo esterno quale riflesso del nostro mondo interno, quando smettiamo di resistere al fluire della Vita...
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Di conseguenza, noi possiamo, in ogni momento ed in maniera totalmente indipendente dall'esterno, decidere di essere innamorati, non per forza di una persona, di un lavoro o del nostro animale domestico... Noi possiamo decidere di essere innamorati di noi stessi e della nostra Vita, come? Accettandoci così come siamo ed accettando la Vita, così com'è, senza più opporre resistenza, senza più giudicare.

Certo, ciò non significa che non possiamo più vivere, in base a quanto da me detto fino ad ora, una nuova relazione amorosa o non dovremo amare i nostri figli o i nostri amici, nulla di più sbagliato. Riuscire a scoprire che l'amore esiste ed è dentro di noi significa, semmai, VIVERE L'ESISTENZA DA ETERNI INNAMORATI, DA ETERNI AMANTI PRIMA DI TUTTO DI NOI STESSI ED, IN UN SECONDO TEMPO, DELLE PERSONE CHE CI SONO VICINE, CIO' A PRESCINDERE DALLA DURATA DELLA RELAZIONE CHE RIUSCIREMO AD INSTAURARE CON ESSE.
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Quando scopriremo l'amore per noi stessi, l'amore a noi interno, riusciremo a modificare, di conseguenza, la chimica corporea riuscendo, finalmente, a vivere da innamorati anche non avendo a disposizione figli, partner, anche quando non ci sarebbe nulla di esterno a noi da indurci a vivere questo meraviglioso stato d'animo. Scoprire l'amore interno ci rende degli alchimisti a tutti gli effetti, ci trasforma in maghi della nostra Vita permettendoci di vivere il rapporto amoroso con chi è esterno a noi in una condizione (finalmente!) di condivisione e non più di elemosina.

Chi riesce a produrre autonomamente stati di apertura del cuore, stati di gioia incondizionata, stati di amore beato, diventa sovrano del proprio regno interiore e, di conseguenza, anche del regno a lui esterno in quanto ciò che è fuori, come sapete bene, è solo un riflesso di ciò che è dentro. 
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Da quel momento potremo aspettarci dei miracoli nelle relazioni lavorative, affettive e in tutti quei rapporti che terremo con il mondo esterno. Chi ci sta vicino, infatti, non mancherà di venire influenzato positivamente dalla nostra trasformazione, dalla nostra apertura di cuore e non potrà fare a meno di ammirarci, proprio come in un campo di erbacce si ammirerebbe il nascere di una bella orchidea.

Vincenzo Bilotta

domenica 29 ottobre 2017

Osservazione, disidentificazione, liberazione

Ogni giorno circa 60000 pensieri affollano la nostra mente e ci tengono “compagnia” durante le nostre attività quotidiane, anche se non sempre la loro compagnia è gradita. Di fatto, molti pensieri sono ripetitivi fino alla monotonia ma deve andare bene perché, a volte, capiterà che ne sopraggiungano alcuni in grado di turbare la nostra quiete fino a rovinarci, in casi estremi, la giornata, prima, e la Vita, poi.

Ogni pensiero contiene in sé un’energia che lo contraddistingue da tutti gli altri. Di conseguenza, se penseremo ad un futuro positivo fatto di cose belle, allora le energie che ci governeranno saranno salutari per il nostro sistema psicofisico ma se, viceversa, i pensieri che governeranno la nostra mente saranno dominati da ansie derivanti da preoccupazioni per il futuro o ricordi dolorosi legati al passato, ecco che avvertiremo dapprima un senso di disagio a livello fisico/mentale che potrà sfociare in uno squilibrio psicofisico qualora non riusciremo a lasciarli fluire oltre il nostro spazio personale.
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Ma come fare a controllare un pensiero, specie se non si ha avuto mai coscienza del fatto che ci ha condizionati per giorni, mesi, a volte anni? Le tappe che possono portare, se seguite con COSTANZA E VOLONTA’, all’uscita dalla mente coi suoi schemi di pensiero a volte ossessivi, constano di tre punti fondamentali: OSSERVAZIONE, DISIDENTIFICAZIONE, LIBERAZIONE.

L’osservazione in sé non può produrre un risultato concreto se non si sarà sviluppata prima con costanza una pratica meditativa volta a formare una certa coscienza di sé come entità esistente oltre il corpo fisico e al di sopra delle attività mentali. Dopo aver sviluppato questa coscienza, si potrà compiere il primo passo consistente nell’osservazione delle attività mentali.
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Per far ciò si dovrà dedicare, nel corso della giornata, del tempo alla meditazione. Esistono diversi tipi di meditazione ma il più semplice e potente, che potrà consentire un approccio concreto alla pratica dell’osservazione, è sicuramente quello consistente nell’osservazione del proprio respiro. Basteranno all’inizio anche 5 minuti al giorno, purché ci si riesca ad isolare dalle attività frenetiche della Vita quotidiana le quali, diversamente, tenderebbero a distrarci dalla pratica.

Dopo un po’ di tempo (almeno 3 settimane) si potrà portare gradualmente la pratica dell’osservazione del respiro ad un tempo di 30 minuti. All’inizio ciò sarà importante la COSTANZA unita alla VOLONTA’ di praticare per 5 minuti al giorno. Ci si siederà in una posizione comoda, si punterà una sveglia per 5 minuti e poi si rimarrà seduti, schiena dritta, ad osservare il respiro che entra e il respiro che esce. I pensieri non tarderanno ad arrivare, voi limitatevi a riportare l’attenzione sul respiro ogni volta che ciò accadrà.
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Questo esercizio ha la funzione di sviluppare la capacità di osservazione dei pensieri. Col tempo, infatti, assieme al respiro si potranno osservare i pensieri che non mancheranno di arrivare durante la pratica. Questo è il primo passo, lo sviluppo della capacità di osservare, evitando di giudicare i pensieri e lasciandoli, invece, fluire senza attaccamento a nessuno di essi, sia belli che brutti.

Dopo aver preso dimestichezza con l’esercizio del respiro e avendo sviluppato, in parallelo, la capacità di osservarsi mentre la mente continua a sparare i pensieri a raffica, si potrà passare al secondo esercizio, la disidentificazione. L'osservazione da sola non basta, infatti, a farci uscire fuori dal loop di pensiero che non sembra avere mai fine, simile ad un cane che insegue la propria coda (se vuoi approfondire questo concetto puoi cercare il mio articolo intitolato "Il cane che si mordeva la coda")…
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Per stabilizzarsi ed uscirne fuori occorrerà DISIDENTIFICARSI dai pensieri, smettendo di crederci e di ragionarci sopra, il cosiddetto dialogo interiore scaturente dall’iperattività mentale e dalla conseguente voglia di “rispondere” a quelli che sono semplici automatismi ma che di reale hanno ben poco.

Quando saremo giunti all’esercizio della disidentificazione, troveremo un nemico che cercherà di impedirci in tutti i modi di uscire dall’identificazione con le forme pensiero: esso si chiama ego. Molte persone hanno un forte ego il quale fonda, a sua volta, le basi per la sua sopravvivenza sulle forme pensiero. In pratica l’ego per esistere ha bisogno di possedere un’identità (se vuoi approfondire l'argomento inerente l'ego puoi cercare il mio articolo intitolato "Struttura dell'ego").
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Di conseguenza, occorrerà smettere di credere ai pensieri, di assumerne l’identità ma, soprattutto, di assorbirne l’energia, altrimenti continueremo ad alimentare il nostro ego in un ciclo che si ripeterà all’infinito, a meno che…

A meno che non decideremo di smettere di crederci, respirarci sopra ed andare oltre gli schemi mentali che sembrano destinati a governare la maggior parte degli esseri umani dei giorni nostri. Se riusciremo ad osservarci senza, al contempo, identificarci coi nostri schemi di pensiero e le loro dinamiche, raggiungeremo l’ultimo gradino del percorso, in pratica acquisteremo la LIBERTA’ dai pensieri e dalle loro energie.
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Nel momento in cui riusciremo a liberarci dalla mente coi suoi pensieri compulsivi, torneremo ad essere noi stessi riacquistando, nello stesso momento, la nostra connessione con l’Intelligenza Divina Interiore, le nostre capacità creative, e tutto quello che non eravamo mai riusciti ad esprimere perché prigionieri di noi stessi e delle nostre credenze artificialmente introdotte attraverso il processo di educazione-programmatica ricevuto dai nostri educatori, insegnanti, genitori e tutti coloro i quali ci hanno seguiti fin dal giorno in cui siamo venuti al mondo.


Vincenzo Bilotta

domenica 15 ottobre 2017

Gli obblighi e le scelte

Come ho ormai avuto modo di spiegare e ribadire in altri miei articoli, noi nasciamo liberi da condizionamenti, con quel senso di meraviglia e quella innocenza tipiche dei bambini. Questo ci porta, da piccoli, ad essere degli avventurieri, a vivere nella meraviglia, a gioire del QUI E ORA. Basta vedere un bambino per accorgersene subito: quando gioca GIOCA, quando ride RIDE, c'è sempre, in quella frazione di secondo, se vogliamo parlare di tempo e di spazio ed essere mentali (come se non bastassero tutte le seghe mentali che ci facciamo nel corso della giornata!), il bambino è VIVO E PRESENTE A SE STESSO E ALLA VITA REALE.

La magia finisce quando il bambino viene a contatto con il mondo degli adulti e comincia per lui il processo educativo-programmatico. Da quel momento in poi, il bambino comincerà ad essere inquadrato in un sistema fatto di schemi mentali e ragionamenti automatici che ne faranno, pian piano e attraverso la ripetizione e l'imitazione, un adulto, praticamente, per intenderci, uno dei tanti zombie che incontri al supermercato e che vagano senza sapere nemmeno di essere vivi.
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Quando finisce il processo educativo-programmatico, si diventa "adulti-robot". Da quel momento in poi e per il resto dell'esistenza, ci si comporterà in base agli schemi acquisiti, tendendo a re-agire più che ad agire. Agire, infatti, è tutt'altra storia, lo può fare solo chi è cosciente di essere in prigione, una prigione chiamata educazione e schema mentale acquisito tramite essa e decide, proprio per questo, di liberarsi.

Ma fintanto che si resta chiusi nei propri schemi mentali, si rimarrà obbligati a re-agire in maniera "standard" a determinati stimoli a noi esterni. Lo schema, infatti, è pilotato dalla mente la quale, non appena le si presentano eventi/cose/persone con dinamiche simili a quelle sperimentate ed archiviate nella propria memoria, tenderà a ripetere le procedure re-attive apprese e conservate nel proprio hard disk.
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Da qui nasce l'illusione di poter scegliere quale comportamento adottare in determinate situazioni mentre, in realtà, di scelte ne abbiamo ben poche. Più che scelte si parla di risposte automatiche, obbligate. Quando succede una cosa non sei più tu a controllare la situazione, entra in gioco il servomeccanismo mentale coi suoi schemi sperimentati in situazioni simili passate e, di conseguenza, tu tendi a comportarti come ti hanno insegnato in famiglia, a scuola, in chiesa, in palestra, alla tv.
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Per essere VIVI e tornare padroni di noi stessi e poter passare da questo comportamento obbligato-automatico al comportamento scelto da noi bisogna prima prendere coscienza del fatto che siamo governati dagli automatismi derivanti dagli schemi mentali acquisiti.

Solo dopo essersi ACCORTI della meccanicità del nostro comportamento in risposta a situazioni che si ripetono in maniera simile a quelle passate potremo uscire dagli schemi mentali acquisiti avendo, per ciò stesso, la possibilità di scegliere in maniera attiva e non più re-attiva, quale comportamento adottare quando si presentano determinate situazioni.
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Solo da quel momento in poi saremo sicuri di essere liberi, genuini e non più degli automi, fotocopie di un sistema che tende a creare un gregge di pecore disposte ad obbedire non per scelta propria ma, piuttosto, perché la libertà si scegliere o di rifiutarsi non gli è mai stata insegnata.

Vincenzo Bilotta












lunedì 2 ottobre 2017

Uscire dal giudizio

"Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati". (Mt. 7, 1-2)

Fin da piccoli, coloro i quali sono preposti alla nostra educazione-programmatica, c'insegnano a comportarci, a fare e ad essere in una determinata maniera. Per farci obbedire ai loro insegnamenti, veniamo sottoposti, spesso, al giudizio, ciò qualora non ci atteniamo alle regole da loro impartiteci. In questo modo impariamo, entriamo, nel giudizio.
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Ci viene insegnata una perfezione irraggiungibile e, proprio per ciò, passeremo il resto della nostra Vita a temere il giudizio altrui, in generale, e quello delle persone di fronte alle quali teniamo a fare una "bella figura", in particolare.

Va detto che il giudizio, oltre a temerlo lo apprendiamo divenendo, per ciò stesso, anche noi dei giudici nei confronti sia degli altri che, soprattutto, di noi stessi. In un mondo materialista come quello occidentale è facile essere giudicati e sentirsi inadeguati rispetto all'ambiente nel quale si vive ogni giorno. Le mode cambiano in fretta e, con esse, anche i gusti delle persone sono come delle bandierine la cui direzione dello sventolare cambia a seconda di dove soffia il vento.
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Noi temiamo il giudizio degli altri perché noi per primi siamo giudici imparziali di noi stessi e, in un secondo tempo, siamo portati a giudicare gli altri e, contemporaneamente, a temere l'altrui giudizio. Col giudicare gli altri non facciamo altro che criticare nel nostro prossimo le cose che, in realtà, dovremmo migliorare in noi.

Con la paura del giudizio creiamo, inoltre, un'energia ostile che attirerà a noi i giudizi delle persone, ciò a causa della legge dell'attrazione, in base alla quale i nostri pensieri, se ripetuti nel tempo, ne attireranno altri simili per energia e contenuto (se vuoi saperne di più sulla legge dell'attrazione, puoi leggere il mio libro L'ARTE DELLA CONSAPEVOLEZZA, YOUCANPRINT EDIZIONI, oppure puoi cercare l'apposito capitolo in omaggio fra i titoli presenti in questo blog digitando: LA LEGGE DELL'ATTRAZIONE sul motore di ricerca).
(La copertina del mio libro)

Un mondo come il nostro, basato sul giudizio, è un mondo duale in cui si tende a giudicare tutto grazie alla mente diabolica (da diaballon, colui che divide) la quale deve per forza giudicare tutto in: buono/cattivo, bello/brutto, capace/incapace, alto/basso e chi più ne ha, più ne metta.

Per la mente è essenziale catalogare, dividere e giudicare in quanto essa trae l'energia necessaria alla sua sopravvivenza attraverso la creazione e il mantenimento in Vita del mondo duale. Se, però, la mente attraverso il giudizio si assicura la sopravvivenza, noi ne facciamo le spese, vivendo il nostro inferno personale, costituito da paure, rabbia, senso di inadeguatezza, tutti prodotti dal giudizio emesso da noi stessi nei nostri confronti o che gli altri rivolgono a noi.
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La soluzione c'è e consiste nell'uscire dal giudizio, sia quello emesso nei nostri confronti che quello espresso, invece, nei confronti degli altri. Quando si smette di giudicare, si smette, automaticamente, di alimentare il dualismo della mente che tutto vuole dividere attraverso il suo continuo confrontare/giudicare.

Quando smettiamo di giudicare, finiremo, a nostra volta, di essere giudicati, è uno specchio, non si scappa. Uscendo dal giudizio si può finalmente e contemporaneamente, uscire dal mondo della dualità per poter raggiungere l'UNO.
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Nell'UNO tutto è così come E', si ritorna alle origini dell'uomo, al tempo in cui era cosciente di sé e non necessitava della conoscenza che gli avrebbe regalato esperienza sì, ma lo avrebbe anche separato dal Divino, almeno temporaneamente, facendogli dimenticare chi in realtà lui fosse.

Vincenzo Bilotta



lunedì 18 settembre 2017

Diabolica-mente

Vi è mai capitato di sentirvi molto, ma molto bene, di buon umore e, proprio quando state pensando di essere felici, s'insinua qualche ricordo legato al passato? In quel momento, lungi dallo stare bene, sembra che il mondo vi crolli addosso.... Eppure un attimo prima sembrava andare tutto a meraviglia...

Questo è il gioco al quale si presta, ogni giorno, l'umanoide medio, la persona comune, quella che non lavora su di Sé ed è sottoposta, per ciò stesso, ai mutamenti di pensiero da parte della mente. Sempre la mente, col suo modo di fare che ha un non so che di diabolico, se vogliamo. Da qui il titolo diabolica-mente!
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Dopotutto il termine diabolico è direttamente riferito al diavolo, da diaballon, colui che divide. Si, perché la mente è duale, divide tutto in buono/cattivo, male/bene, luce/buio, bello/brutto e così via all'infinito. La mente, inoltre, vuole sempre e solo capire, l'intuito non fa proprio per lei, questo è uno dei motivi per i quali chi è nel mentale e non ha la capacità di gestire la mente al meglio, è poco creativo, è una conseguenza diretta.

Alla fin fine, però, se andiamo ad analizzare i meccanismi della mente, ci accorgiamo che così diabolica non è, dopotutto essa fa solo il suo lavoro. Il problema nasce nel momento in cui ci si identifica coi pensieri e si comincia a giudicarli. Molte persone traggono la propria identità dai pensieri che le loro menti elaborano, in particolare da quelli più frequenti.
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Così nasce il lamentoso, il vittimista, il violento, il triste, il depresso, lo sfortunato, tutti da definizioni liberamente ispirate dai pensieri elaborati dalle loro menti. In questo modo si entra in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire, l'uomo ordinario, quello che non lavora su di Sé non può.

Ogni pensiero possiede un'energia propria, più o meno potente. I pensieri negativi, quelli con i quali s'identificano la maggior parte delle persone di questo mondo immerso nella follia mentale, sono quelli che, avendo scarsa energia iniziale, tendono ad alimentarsi dell'individuo al quale appartengono, un pò come dei parassiti.
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Ecco perché determinati tipi di pensiero sono difficili da evitare e da eliminare. Il fatto è che l'ego trarrà identità da essi e ci farà credere di non poterne fare a meno, altrimenti chi saremmo senza di loro? Ecco che, man mano che questi pensieri negativi prenderanno piede, le energie caleranno, ciò perché serviranno ad alimentare il processo di pensiero legato a queste dinamiche negative.

A lungo andare, i processi di pensiero, se ripetuti ed alimentati nel tempo, porteranno dei disagi psico-fisici di una certa rilevanza, fino ad arrivare, nei casi estremi, alla morte del soggetto parassitato. Chiamiamoli parassiti, entità maligne, voladores, il succo del discorso non cambia molto, ci troveremo sempre di fronte a delle entità che cercano di nutrirsi della nostra linfa vitale.
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E pensare che basterebbe non crederci, ciò attraverso la disidentificazione dal processo di pensiero stesso tramite la semplice OSSERVAZIONE SENZA GIUDIZIO. Il giudizio, infatti, alimenta il circolo vizioso pensiero-identificazione-malessere. Molti sono dipendenti dai propri pensieri negativi, ciò non solo perché credono di essere i propri pensieri ma, anche, perché sviluppano una sorta di dipendenza dagli ormoni dello stress secreti dalle ghiandole del sistema fisiologico del corpo fisico in conseguenza di determinati pensieri negativi ripetuti nel tempo.

Bisogna imparare ad OSSERVARSI IN SILENZIO, accettando i propri processi di pensiero senza, tuttavia, entrarci dentro, altrimenti si rischia di assumere l'identità dettata dal pensiero di turno e di diventare come bandierine al vento. IL RADICAMENTO nel silenzio del proprio Sé è fondamentale così come la pratica della meditazione sul respiro, allo scopo di sviluppare la capacità di concentrazione necessaria ad affrancarsi da questa mente all'apparenza diabolica.
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Ricordate, la mente fa solo il suo lavoro, ripete schemi appresi dal passato e rovista fra le ceneri dei vissuti di ciascuno di noi. Sta a noi lasciarla al suo lavoro limitandoci ad OSSERVARLA. Attraverso la pratica dell'osservazione cesserà ogni lotta e si farà della propria mente un'alleata preziosa anziché il drago di turno da sconfiggere.

Vincenzo Bilotta

domenica 3 settembre 2017

Il tragediante

Fra i vampiri energetici più subdoli troviamo, sicuramente, la figura del tragediante. Egli, al pari del lamentoso, riesce spesso a catturare l'attenzione delle persone che incontra e, se queste persone che se lo trovano di fronte non sono abbastanza PRESENTI, rischieranno di venire prosciugate di preziosa energia vitale.

Schermarsi dal tragediante è più difficoltoso rispetto a quando si ha di fronte il lamentoso. Mentre, infatti, il lamentoso si lamenta, il tragediante all'apparenza non si lamenta, la sua arte è ben altra. Il tragediante ha l'abilità di non lamentarsi ma, al contempo, egli possiede la capacità di fare di ogni accadimento della propria Vita, passato, presente o futuro, una tragedia.
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Sono quelle persone che non si lamentano mai ma sono arrabbiate dentro, reprimono, le vedi con certe facce da funerale ma, torno a ripeterlo, stanno zitte, dicono che va tutto ok, che non vogliono essere di peso a nessuno e giù così. In realtà, quando parli con loro, ti dicono che sono stanchi della Vita, che sono degli infelici e, nei casi estremi, dicono persino di volerla fare finita. In realtà, quando parlano in questo modo, stanno solo facendo i tragedianti.

Il tragediante è un abilissimo manipolatore mentale, riesce con successo a suscitare la pietà in chi lo ascolta e, se la persona si fa coinvolgere nelle dinamiche di tragedia e piagnisteo, cercherà in ogni modo di dargli una mano, ciò allo scopo di tirarlo fuori da quello che, almeno all'apparenza, sembra un momento dal quale il tragediante, da solo, non riesce proprio ad uscirne fuori, non senza l'aiuto di qualcuno.
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La verità, però, è ben altra. Il tragediante, infatti, non appena vorremo dargli una mano, consigliandogli magari di lavorare su di sé per smettere di vivere nel suo mondo di tragedie da vittima per poter cominciare, finalmente, a co-creare in maniera attiva e felice la propria realtà, da una parte prometterà di cambiare, ci darà ragione, dicendoci che, alla fine, è colpa sua se la Vita gli risulta così drammatica ma, a conti fatti, non farà un bel nulla o pochissimo per migliorarsi.

Nel frattempo, in tutto questo clima di tragedie e voglia di farla finita, chi ci rimette è sempre la persona che cercherà di aiutare il tragediante. Le energie che andranno sprecate saranno veramente tante. Il tragediante, infatti, è un vampiro energetico al pari del lamentoso. Il tragediante non va aiutato, ciò perché egli, in realtà, non vuole smettere di far di ogni accadimento nella sua Vita una tragedia.
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Ciò accade perché il tragediante si è ormai identificato con questo ruolo, il suo ego ne trae identità e ne è dipendente. Cosa ne sarà di me, pensa l'ego, se la Vita tornerà a sorridermi e io non potrò più fare una tragedia di ogni cosa?

Di ego si parla perché un egoista è il tragediante, al pari del lamentoso, del resto. Sia il tragediante che il lamentoso se ne fregano di ciò che pensano o vogliono gli altri. Diversamente smetterebbero di rompere le palle alle persone e si darebbero una mossa per conto proprio. Ma sarebbe troppo facile così.... E poi le energie a chi le toglierebbero?
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Ecco quindi che il circolo vizioso tenderà a ripetersi fintanto che il tragediante, di sua spontanea iniziativa e in qualche raro caso, non deciderà di smetterla di far teatrino coi passanti cominciando a capire che è ora di smetterla di far l'attore recitando, fra l'altro, una parte non sua, per cominciare a vivere, finalmente, la Vita Reale non più da vittima, ma da artista, creatore e signore della propria realtà.

Dopotutto la Vita è magia, bisogna solo imparare ad adoperare la bacchetta magica-volontà per poter esprimere e realizzare i propri sogni e vivere finalmente felici nella creatività, QUI E ORA, dove sennò?

Vincenzo Bilotta

domenica 20 agosto 2017

Paradiso

Lo stato mentale superiore, quello ambito dai ricercatori di tutte le scuole e filosofie è, sicuramente, quello equivalente al paradiso della tradizione religiosa o esoterica, secondo la visione di Dante. Chi raggiunge questo stato riesce a trasformare in maniera definitiva la sua Vita e la realtà all'interno della quale vive, raggiungendo una condizione di equilibrio psicofisico totale.

Certo, per arrivarci non sempre è facile, molti di voi che mi leggono lo sanno bene, eppure gli sforzi coscienti orientati verso il ricordo di Sé associati ad una volontà superiore e continua alla lunga possono portare al risultato finale, lo stato mentale paradiso.
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Dopo essere discesi ai propri inferi personali e aver saldato i conti con il proprio passato e i relativi conflitti ancora "innescati", si comincia a comprendere il significato simbolico ed altamente iniziatico della condizione mentale infernale. Come ho già avuto modo di esporre nella prima parte di questo articolo, le fiamme infernali servono a purificare la nostra Pura Essenza dagli attaccamenti alla personalità fittizia, quella che ci hanno aiutato a costruire nel contesto socio-culturale all'interno del quale siamo nati e cresciuti.

Assieme alla personalità bruceranno tutti gli attaccamenti, i desideri, le dipendenze assieme alle emozioni destabilizzanti quali rabbia, paura o tristezza. Alla fine questa discesa agli inferi è stata liberatoria, passaggio obbligato al fine di potersi definitivamente liberare da tutte quelle zavorre che fino ad oggi ci avevano impedito di "salire" al gradino superiore: lo stato mentale purgatorio.
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Al livello purgatorio si comincia ad avere una visione più chiara della propria Vita e degli scopi per i quali la nostra Anima si è incarnata nel nostro corpo fisico. Questo è un grande passo avanti, se pensate che al livello mentale inferno perfino gli angeli, venuti fino a noi per darci una mano, venivano scambiati per demoni!

Man mano che il lavoro su di Sé procede si hanno le idee più chiare, si comincia ad intravedere, complice la vicinanza del paradiso, la Luce liberatoria della Presenza Mentale nell'Eterno Presente. Prima era impossibile vedere alcunché, ciò sia perché si era in uno stato di buio mentale completo ma anche perché il paradiso era molto distante dall'inferno, in quanto separato dal livello mentale purgatorio.
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Al livello purgatorio si cominciano a riconoscere gli angeli, si distinguono dai demoni, si comincia ad avere, di conseguenza, più fiducia nelle proprie capacità di riuscita nei vari settori della propria Vita. In altre parole, comincia ad essere presente in noi la FEDE, la sola che può guidarci nel nostro cammino di risalita e che può, al contempo, permettere che avvenga il miracolo della trasformazione mentale, l'alchimia delle emozioni negative che diventano positive, attraverso il processo di cottura nel forno dell'ATTENZIONE CONSAPEVOLE E REITERATA NEL TEMPO.

Lo stato mentale paradiso, quello finale di questo cammino iniziatico, è caratterizzato da una grande chiarezza mentale, dal vivere il QUI E ORA in maniera costante e senza più dubbi. Al livello mentale paradiso ci facciamo amici i nostri demoni, trasformando anch'essi in angeli grazie al potere acquisito attraverso il processo di alchimia interiore che è avvenuto lungo il cammino che ci ha portati fino in paradiso.
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Ovvio, anche per mantenere questo livello di consapevolezza elevato, occorrerà un costante lavoro su di Sé accompagnato da azioni compiute al fine di trasformare degli aspetti della nostra Vita che ancora non ci soddisfano appieno. Chi vive il livello mentale paradiso sperimenta la perfezione di tutti gli accadimenti. A questo livello ogni persona, cosa, accadimento che entreranno a far parte della nostra Vita diventeranno dei Maestri.

Dopotutto non esistono altri Maestri se non la Vita stessa, la quale c'insegna attraverso i vissuti che verranno, al livello mentale paradiso, trasformati in esperienze. Anche le situazioni più drammatiche, vissute all'interno dei singoli contesti familiari, lavorativi o relazionali, saranno viste sotto un'ottica diversa e in maniera tale da rendere più saggia la persona che li ha vissuti. Al livello inferno e in parte, ancora, al livello purgatorio ciò non accadeva in quanto eventi di una certa intensità emotiva venivano ancora vissuti interpretando il ruolo di vittime, dopotutto quello era il livello e quelli erano i mezzi a disposizione della persona interagente.
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LO STATO MENTALE PARADISO CI PERMETTE DI VIVERE OGNI ACCADIMENTO COME UN ATTO SACRO. IN QUESTO STATO SI PROVA UN'INTENSA GIOIA DI VIVERE CHE PRESCINDE DALLE CIRCOSTANZE ESTERNE FINO A RICONNETTERCI CON LA NOSTRA ESSENZA INTERIORE PIU' PROFONDA. 

FINALMENTE CI SI E' LIBERATI DELL'ORDINARIO, DEL MECCANICO, DELLO SCONTATO, FINO A PERCEPIRE LO STRAORDINARIO CHE ERA SEMPRE STATO SOTTO I NOSTRI OCCHI MA CHE NOI NON RIUSCIVAMO A PERCEPIRE PERCHE' DISTRATTI DALLA RICERCA DI QUALCOSA CHE POTESSE DISTRARCI DAI NOSTRI PENSIERI COMPULSIVI.
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Questo stato mentale ci conduce oltre il tempo e lo spazio e ci fa sentire vivi, centrati, minimizzando il rumore mentale di fondo, quello resta sempre ma non assume più il carattere d'importanza dei livelli inferno e purgatorio. Avviene una liberazione dagli schemi mentali, torna la naturale creatività che ha sempre fatto parte di noi ma che il processo educativo-programmatico aveva repressa.

Si vive in una condizione di equilibrio, ora tutto ha un senso, finalmente si capisce il significato della parola eterno, non vista più come un concetto astratto di stampo religioso ma viene finalmente vissuta attraverso il costante ricordo di Sé, il solo che ci permette di vivere nel QUI E ORA e di essere presenti a noi stessi senza avere più dubbi sulla strada che ci porterà sempre più vicini all'Uno. (Fine)

Vincenzo Bilotta