domenica 18 marzo 2018

Perché è così difficile perdonare?

"Perdona gli altri, non perché essi meritano il perdono, ma perché tu meriti la pace". (Buddha)

Viviamo in una società dove ci hanno insegnato ad avere aspettative, a cercare risultati rapidi e, soprattutto, ad essere in costante antagonismo con i nostri simili. In questo clima di competizione si vive come se si fosse animali in una giungla, in altre parole vige la legge del più forte. Così suona quasi naturale cercare di fregare il prossimo come quando, ad esempio, si supera la fila alla posta o quando, peggio, si usa violenza, sia essa verbale che fisica, sui propri simili.

In questo contesto le persone vivono in un clima di costante pressione, lo stress è la norma e il rancore il pane quotidiano. E' normale in un mondo visto come un campo di battaglia piuttosto che come un occasione per migliorare attraverso le interazioni con i nostri simili, serbare rancore e nutrire sentimenti di vendetta nei confronti di chi ci ferisce in maniera più o meno cosciente.
(Immagine presa dal web)

Per interessi legati al denaro, alla proprietà e al potere si distruggono famiglie, si fanno le guerre i popoli, si è disposti perfino ad uccidere persone innocenti. Tutto... Ma oltre a dare battaglia, ad odiare, a scatenare conflitti su larga scala, quasi nessuno è disposto a perdonare, risulta difficile, quasi impossibile, adesso cercherò di spiegarvi il perché.

Premetto che il perdono è lo strumento più efficace per mantenersi in salute, per evitare inutili sofferenze per se (soprattutto) e per gli altri in quanto permette di non mantenere dei legami distruttivi nei confronti di chi, attraverso sue azioni, opere od omissioni, ha cercato, in maniera volontaria o involontaria, di arrecarci danno.
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Perché è così difficile perdonare? Per diversi motivi. Il primo è legato, sicuramente, al fatto che nessuno ci ha insegnato a perdonare. Quello che c'insegnano è il perdono di testa, quello di derivazione cattolica, basato sulla stretta di mano piuttosto che, cosa fondamentale, sul lasciare andare, di cuore, i motivi e i fatti legati al conflitto sorto fra chi ha subito un affronto più o meno grave e, di conseguenza, ha difficoltà a perdonare e chi, attraverso il suo comportamento, ha scatenato la spirale di odio.

Il secondo motivo è legato al fatto che per molti il perdono è considerato una forma di debolezza, di sottomissione e quindi non va bene. In base a questa teoria, estremamente distruttiva nei confronti di chi la applica, chi commette determinate azioni non merita perdono e chi perdona non ha carattere. In questo contesto non bastano le scuse da parte di chi ci ha ferito col suo comportamento, non si deve perdonare per principio, perché diversamente si rischierebbe di sottomettersi a chi ci ha fatto del male e poi se ne vuole uscire con delle scuse.
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Il terzo motivo, uno dei più importanti, che non ci permette di perdonare con facilità, è legato al fatto che si finisce con l'affezionarsi al proprio odio, avendolo alimentato per mesi, a volte per decenni, essendo, in altre parole, diventato un modus vivendi ed operandi. In altre parole, ci si abitua talmente tanto a respirare e ad ingoiare veleno da dimenticare come sono fatti sentimenti positivi come l'amore o la felicità. 

Il quarto motivo è legato al fatto che, spesso, non ci si accorge nemmeno degli automatismi che ci portano a non perdonare a continuare ad alimentare la spirale di odio nei confronti di chi ci ha delusi, abbandonati, traditi, fregati. Si è talmente immersi nel servomeccanismo che, anche se si volesse, non si potrebbe fermare tutto il processo in quanto occorrerebbe prima riuscire ad osservarlo per poterne, poi, uscire definitivamente.
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Il quinto ed ultimo motivo che impedisce a molti di perdonare è legato alla paura di essere giudicati "troppo buoni" dagli altri se si perdonano determinate cose. Qui subentra un meccanismo subdolo: la paura del giudizio. In questo modo, però, si da potere all'esterno privandosi, per ciò stesso, della possibilità di gestire la propria Vita in maniera spontanea ed autonoma.

Quali sono le conseguenze del mancato perdono? In primo luogo vengono ad essere compromessi i rapporti interpersonali, spesso in maniera definitiva. Quando non si riesce a perdonare ad una persona quello che ha commesso nei nostri confronti dicendo, facendo o non facendo determinate cose, ecco che si rovina un'amicizia senza nemmeno voler chiarire, nascono le separazioni all'interno delle famiglie, si compromettono anche rapporti lavorativi che duravano da anni.
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Oltre ai rapporti interpersonali il mancato perdono non arreca, sicuramente, vantaggi alla salute. Diversi medici specializzati in medicina psicosomatica mi hanno confermato che molti malati di cancro loro pazienti hanno vissuto dei conflitti nell'ambito lavorativo, familiare o nelle relazioni interpersonali in genere. Ciò li ha portati oltre ad ammalarsi, anche a morire per il mancato perdono che avrebbe consentito loro di sciogliere il conflitto che li teneva ancora legati ad episodi accaduti spesso anche decenni prima.

Quando si perdona ci si guadagna anche in salute! Si vive più a lungo e più sani e, soprattutto, non si da potere all'esterno in quanto il perdono è una nostra scelta personale, una decisione che ci salva dalla sofferenza e dalla malattia.
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Smettiamo di pensare di essere dei vigliacchi e che perdonando ci sottomettiamo a chi ci ha fatto del male accettandone tacitamente le angherie subite. Non è per nulla vero! Ci hanno insegnato così, ecco perché il mondo è pieno di odio, rancore e si stanno sterminando in maniera sistematica intere etnie...

Il perdono libera. Quando perdoniamo ci liberiamo dal potere che l'altro, attraverso le sue mancanze nei nostri confronti, ha ancora su di noi in maniera involontaria. In realtà siamo noi a mantenere in Vita, anche a distanza di decenni, una "cattiva" azione subita. Potremmo accettarla da subito, osservarla e lasciarla andare.
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Il problema è che si tende a farne una "questione di principio". Molti mi dicono: "se perdonassi passerei per fesso!". Ecco che allora è meglio dar battaglia, perdere energie preziose e, a causa di ciò, ammalarsi. Spesso si litiga per delle proprietà, per delle somme di denaro, si arriva, nei casi più estremi, ad uccidere! E' follia allo stato puro! Altro che perdonare, piuttosto ci si trasforma in assassini, ma mai accettare, si passerebbe per vigliacchi, ciò secondo il dire comune, in un'epoca nella quale sembra vigere la legge del più forte.

Smettiamo di attaccarci alle cose passate, alle proprietà, al denaro, alle azioni piuttosto che alle omissioni da parte degli altri nei nostri confronti, siano essi amici, parenti o dei perfetti sconosciuti. Impariamo a lasciarcele scivolare addosso. In proposito c'è un detto siciliano che vi traduco: "l'acqua mi bagna e il vento mi asciuga", ciò sta a significare che bisogna essere flessibili, lasciare andare, liberarsi dal veleno emotivo, prima che sia troppo tardi!
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Certo, molti di voi avranno subito abusi a livello fisico, psicologico perché, spesso, si saranno trovati a vivere in dei contesti dove la violenza era un modus operandi naturale da parte degli abitanti di determinati posti. In questi casi, certi gesti non sono mai giustificabili, ovvio. In ogni caso bisognerà perdonare. No, non è stupidità, non è follia, è libertà dalla sofferenza perché non perdonando si continuerebbe a soffrire all'infinito.

Chi perdona le violenze fisiche o psichiche subite, non lo fa perché è stupido, vigliacco o perché giustifica il comportamento irrazionale dell'altro. In queste circostanze il perdono serve a liberarsi dall'influenza negativa che chi ha usato violenza riuscirebbe, in caso contrario, ad esercitare ancora sulla persona vittima degli abusi, qualora quest'ultima decidesse di non perdonare.
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Quando si perdona ci si libera, si guarisce, dentro e fuori, si rinasce a nuova Vita con una nuova percezione di se stessi e degli altri. Chi perdona è sempre più leggero e pieno di gioia rispetto a chi non vuole perdonare. Il perdono comporta il non attaccamento alle cose, alle azioni e alle persone. Quando si perdona muore una parte di noi, quella egoica, quella costantemente attaccata alle cose e dominata dal senso del possesso, dalla gelosia, dalla voglia di denigrare, di giudicare, muore anche il senso di superiorità per lasciare spazio al vuoto, un vuoto da riempire con la luce dell'amore, l'amore per se stessi e per la nuova Vita che ci aspetta al di là delle tenebre dell'inconsapevolezza.

Vincenzo Bilotta