"In un viaggio conta di più come si percorrono i propri passi rispetto al raggiungimento della destinazione". (Vincenzo Bilotta)
Oggi voglio parlarvi di una strada: quella che porta, potenzialmente, verso l'infinito. Cosa significa tutto ciò? Innanzitutto spiegherò di quale strada parlo. La strada in questione è riferita a quella che viene imboccata per essere percorsa da chi decide il cammino verso la conoscenza di Sè. Quando si intraprende un lavoro del genere, non si sa mai dove si andrà a parare.
Bisogna dire, innanzitutto, che ci vuole COSTANZA E VOLONTA' per poter progredire lungo questa strada e, nonostante ciò, potrebbe accadere di non arrivare mai a destinazione, non in questa Vita almeno. Nulla va dato MAI per scontato perchè NIENTE E' PER SEMPRE.
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Ecco perchè, come potete ben leggere dal titolo del presente articolo di oggi, parlo dell'infinito. Cos'è, poi, l'infinito? Ciò che non ha fine... Ecco, appunto! Questa strada verso l'auto-conoscenza ha come caratteristica, quella di poter durare all'infinito in molti sensi. Potrebbe durare all'infinito perchè non si riesce a raggiungere la meta o, ancora, perchè non si potrebbe finire mai d'imparare.
In ogni caso, dopo aver spiegato il significato del titolo dell'articolo di oggi, voglio parlarvi del fatto che molti ricercatori mirano, purtroppo, più al raggiungimento della meta che al godersi il passi che potrebbero avvicinare ad essa se compiuti in piena PRESENZA MENTALE.
Il fatto è che, quando si comincia un determinato percorso allo scopo di conoscere meglio le proprie potenzialità interiori al di là delle apparenze, ci si lascia spesso prendere dall'ansia di arrivare... Ma dove? Eppoi, si è davvero sicuri di arrivare? Essendo la società moderna dominata dalla cosiddetta "ansia da prestazione", ne consegue che l'uomo tecnologico abbia imparato a fare/volere tutto e subito in maniera meccanica, guidato da una forza che lo rende più sonnambulo che padrone delle proprie scelte.
Ma il cammino verso la ri-scoperta di Sè, essendo un cammino lungo e, potenzialmente, senza fine, non ha senso compierlo di fretta, cercando di arrivare a meta anche perchè di mete, qui, non ce n'è proprio nessuna. Anzi, quando si decide di lavorare su di Sè, bisogna concedersi del tempo e agire (non reagire, badate bene, altrimenti sarebbe troppo meccanico e scontato!) con lentezza, mirando a godersi più i passi, i fiori lungo la strada, i sorrisi di qualche passante che la meta vera e propria.
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Chi non lavora su di Sè è paragonabile ad un guidatore su di un'auto lanciata a tutta velocità su una stradina
di campagna: esso cammina talmente veloce da vedere a stento perfino la strada, cosa importa se arriverà a casa? Cosa potrà raccontare di aver visto? Ben poco!
Chi, invece, decide di lavorare su di Sè, è molto più simile ad un pedone o, al massimo, ad un ciclista che decide di fare un giro sulla stessa stradina di campagna dove il suo collega ha corso in minor tempo rispetto a lui in maniera INCONSAPEVOLE ED AUTOMATICA. A differenza dell'automobilista, però, il ciclista/pedone ha la possibilità di ammirare il paesaggio, ascoltando i suoni della natura e sentendo i vari odori provenienti dalle varie specie di fiori presenti sul prato ai lati della strada.
Il ciclista/pedone sì che avrà di che parlare con amici e conoscenti quando sarà tornato a casa! Inoltre ne uscirà meno deluso e stressato rispetto a chi, invece, ha fatto tutto di corsa e in maniera MECCANICA E INCONSAPEVOLE.
Ho fatto questo esempio per condividere con voi quanto sia importante godersi il cammino intrapreso senza FRETTA NE' ASPETTATIVE, non pensando al dopo (futuro) nè al punto dal quale si è partiti (passato). Dopotutto, ciò che conta è il fatto stesso di ESSERE PRESENTI AI PROPRI PASSI, IL SENTIRE LE FOGLIE SECCHE SCRICCHIOLARE SOTTO LE SUOLE E FARE TUTTO CIO' SENZA PREOCCUPARSI DEL PANORAMA CHE SI POTRA' PRESENTARE DOPO LA PROSSIMA CURVA.
Vincenzo Bilotta