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Vivere è, per molti, il semplice nascere, andare a scuola, venire ammaestrati per svolgere una mansione, andare in pensione e poi morire. Questa è la concezione di Vita che ha il pensatore medio, membro della grigia massa anonima comunemente chiamata "popolo".
Dopotutto, così fanno tutti, questo è il modo di pensare di chi, ogni tanto, si ricorda di avere un cervello fra un messaggio e l'altro nell'immancabile smartphone sempre tra le mani. Ma questo non è vivere una propria Vita, questo significa vivere una Vita di seconda mano, che altri ci insegnano a vivere, dopo averci ammaestrati, siano essi i nostri stessi genitori e, in generale, familiari, che i nostri insegnanti.
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Così, dopo essere stati ammaestrati, ci ritroviamo a svolgere un lavoro che non ci soddisfa, ad avere una famiglia che non volevamo o che avremmo voluto formare in un secondo tempo, magari dopo aver realizzato noi stessi.
Molta gente, troppa gente, fa le cose perché non vuole deludere i propri familiari, per paura di essere giudicato male dalla comunità nella quale vive e, così facendo, non si accorge che sta buttando nella spazzatura la propria Vita, immolandosi come ennesima vittima sacrificale in una società di stereotipi.
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Così, seguendo i "consigli" (peraltro non richiesti né, tanto meno, graditi) dei nostri familiari, insegnanti, istruttori, ci ritroviamo a reprimere, fino ad annullarle, le nostre capacità artistiche, creative, la nostra immaginazione. Sì, vi sto dicendo che là fuori ci sono migliaia di potenziali scultori, pittori, scrittori, attori che hanno rinunciato a vivere la Vita secondo la loro natura per far contenti gli altri.
Ma questo non è vivere da protagonisti, chi vive per soddisfare i desideri dei propri genitori, le aspettative dei propri insegnanti e le esigenze dei propri istruttori, vivrà la propria Vita recitando il ruolo di semplice comparsa.
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Per vivere da protagonisti occorre smettere di ascoltare i nostri genitori, educatori e chi, in generale, vorrebbe farci diventare qualcosa che non risuona in noi per cominciare, poi, ad ascoltare il ritmo del nostro cuore, che è poi il ritmo della Vita.
Il nostro cuore sa guidarci verso la realizzazione dei nostri progetti. L'ascolto del cuore ci permette di sviluppare il nostro potenziale, dopo aver cominciato a fregarcene di ciò che penseranno gli altri e smettendo, al contempo, di sentirci in colpa se, facendo quello che più ci piace nella nostra Vita, deluderemo le aspettative di un bel po' di persone.
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Dopotutto, noi siamo nati per essere felici, non per espiare dei peccati mai commessi o soddisfare le aspettative di familiari, amici, partner o insegnanti! Quello sarebbe martirio, sacrificio umano, non vivere da protagonisti!
Imparare a vivere per se stessi, senza dover più dare conto a nessuno, non significa essere egoisti, significa AMARSI E RISPETTARSI senza, al contempo, permettere più a nessuno e per nessuna ragione, di approfittare di noi e delle nostre risorse in qualsiasi campo.
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Noi nasciamo per realizzare noi stessi, per esprimere al meglio le nostre potenzialità, quali che esse siano, fino a diventare i protagonisti della nostra Vita. Se poi, in questo contesto, i nostri progetti coincideranno con quelli che avevano per noi i nostri genitori, tanto di guadagnato, diversamente, dobbiamo ricordare che i primi ad essere felici e realizzati dobbiamo essere noi, non i nostri genitori o insegnanti!
Vincenzo Bilotta
Viviamo in un mondo che va a mille all'ora. Si fa tutto di fretta e, molto spesso, non ci si ricorda nemmeno dove si è posteggiata la macchina. Si vive totalmente immersi in una bolla d'incoscienza determinata dagli smartphone perennemente nelle mani di tutti i quali, paradossalmente, anziché connettere, hanno disconnesso le persone facendole astrarre dal mondo reale per vivere in un mondo prettamente virtuale, FINTO.
In un'epoca di pazzi come questa, costellata da virus, guerre pompate dai media e lobby farmaceutiche che cercano di sbarcare il lunario vaccinando inutilmente le persone, ecco come si ravvisi, mai come prima, l'esigenza di intraprendere un percorso di crescita personale, il solo che possa fare riconnettere le persone, non di certo in maniera virtuale ma attraverso un approccio a Dio e all'infinito, approccio di prima mano che si può tentare attraverso la meditazione, l'introspezione e le diverse altre tecniche di presenza mentale che possono ancorare alla realtà.
Quando s'intraprende il percorso di crescita personale si tendono ad esplorare diverse metodologie, ciò fino a trovare quella che più si addice all'indole del ricercatore e che, soprattutto, è maggiormente efficace in quello che è il processo di centratura su di sé.
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In questo contesto è inevitabile, anzi, è essenziale più che altro, leggere dei libri che possano dare l'ispirazione necessaria per poter procedere con maggiore motivazione nel cammino. Sì, perché gran parte delle persone si perderà per strada, inventerà scuse per non continuare, ciò in quanto avrà paura di superare certi limiti, di fare amicizia coi propri demoni e preferirà rimanerne schiava piuttosto che diventarne alleata.
Ma anche questo è un modo di vivere la spiritualità, seppur senza sbocchi, com'è ovvio. Quel minimo numero di persone che riuscirà ad andare oltre e ad avanzare nel proprio cammino di crescita personale, non necessariamente raggiungerà la cosiddetta illuminazione, definita "nirvana" nel buddhsmo e "satori" nello zen.
Del resto, la cosiddetta illuminazione l'hanno raggiunta in pochi nel corso dei secoli. Tuttavia molte persone riescono a raggiungere un livello di comprensione superiore il quale se non è, certamente, paragonabile all'illuminazione esso permette, nonostante tutto, di riuscire a scendere in profondità nell'opera di autoconoscenza di ogni ricercatore, fino a trasformarlo.
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Ovviamente, intercorre una sostanziale differenza fra il comprendere e l'illuminarsi. Il motivo per il quale ho scritto questo articolo è quello di esporre il mio punto di vista e, fatte le premesse, adesso chiarirò quelle che sono le distinzioni fondamentali intercorrenti fra colui il quale ha compreso e chi, invece, si è illuminato.
Colui il quale riesce a comprendere è quella persona la quale, attraverso letture di libri, frequentazioni di corsi ed esercizi specifici, riesce a comprendere lo scopo del percorso che ha intrapreso e a seguirlo ma non sempre sarà cosciente di sé e, a volte, potrà capitare che abbia degli attimi in cui potrà ricadere nel sonno della meccanicità e tornare ad essere governata dalla mente.
La persona illuminata, invece, è quella che riesce, senza nemmeno troppi sforzi o dopo aver rinunciato perché, nonostante gli sforzi, non aveva ottenuto nessun risultato apparente, ad andare oltre la mente e a svegliarsi in maniera definitiva.
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Certo, anche per la persona illuminata non sarà un gioco da ragazzi mantenersi sempre sveglia in un mondo di cadaveri ambulanti com'è diventato il nostro. Ebbene si, signori, anche per la persona illuminata non è sempre semplice mantenere... accesa la sua luce su un mondo che vive nell'oscurità.
Tuttavia, chi si illumina riesce a rimanere sempre nella luce, ciò perché è riuscito ad integrare le sue tenebre nella luce della conoscenza di sé, in pratica si è risvegliato in maniera definitiva dal sogno mentale per tornare in Vita dal sepolcro dei suoi stessi pensieri sparati a raffica da una mente iperattiva.
Come dicevo prima, chi si illumina non sempre parte con l'intenzione di farlo, tuttavia è proprio quando molla la presa sul lavoro di crescita personale che, molto spesso, sarà l'illuminazione a trovare lui. Si, perché, in effetti, il lavoro svolto, anche se poi dovesse venire sospeso per un motivo qualsiasi, continua a germogliare all'interno del ricercatore..
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Se questo ricercatore, dopo aver smesso per svariati motivi di lavorare su di sé, subisce all'improvviso una perdita importante nel campo lavorativo, economico o relazionale, ecco che questi potrebbero diventare i fattori d'innesco del processo che lo porterà all'illuminazione. Del resto il terreno era già fertile, concimato e i primi semi erano già stati piantati anche se poi ci si era fermati nel cammino.
A quel punto, saranno gli eventi a provvedere all'irrigazione dei semi prima piantati favorendone la germogliazione fino a far crescere la pianta dell'illuminazione a chi, magari, dell'illuminazione non importava poi granché.
Questa è la sostanziale differenza, secondo me, fra comprensione ed illuminazione. Mi sento di aggiungere, per concludere, che anche la semplice comprensione cambia radicalmente le nostre Vite. Dopotutto la mente, una volta che ha allargato i propri confini non tornerà più alle dimensioni ridotte di prima, per fortuna aggiungerei!
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Continuiamo il nostro cammino di crescita personale rafforzandoci attraverso la disciplina, la volontà ed apprezzandone ogni singolo passo senza commettere, tuttavia, l'errore di voler diventare dei guru illuminati a tutti i costi.
Rimaniamo coi piedi per terra, osserviamo la nostra mente, prendiamo coscienza della nostra meccanicità, questo da solo basta a darci una spinta verso lo stato di veglia, seppur ad intermittenza, ma andrà bene lo stesso.
Restiamo in ascolto di noi stessi, del nostro respiro, cercando, quanto più possibile, di VIGILARE sui nostri "colpi di sonno" durante lo svolgimento delle mansioni quotidiane. In tutto questo processo, non dobbiamo desiderare, in alcun modo, l'illuminazione né la comprensione di alcunché, ciò in quanto sono processi che avvengono se e quando saranno maturi i tempi o forse mai, chissà...
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L'importante non è comprendere o illuminarsi, fondamentale è intraprendere un percorso di crescita personale che ci faccia accorgere di essere degli automi schiavi di un programma di addomesticamento subito durante il processo educativo, e questo sarebbe già tanto per creare delle persone altamente consapevoli. Se poi la comprensione o l'illuminazione seguiranno, che ben vengano!
Vincenzo Bilotta