La maggior parte delle persone non la vive, la Vita, ci lotta contro, opponendo una resistenza costante, logorante che, giorno dopo giorno, comporterà un dispendio inutile quanto esagerato di energie. Il fatto è che nessuno ci educa a vivere, ad essere felici, a riconoscere il bello sia dentro che fuori di noi. La nostra è un'educazione che si avvicina più ad un corso di sopravvivenza che non ad una preparazione alla Vita.
C'insegnano che la Vita è una "giungla", un "inferno", una "lotta continua", "sacrificio", "dolore", "dispiacere" e chi più ne ha, più ne metta, ciascuno col suo bel bagaglio zavorrante ricevuto, durante il processo di edu-programmazione, a casa, a scuola, nei luoghi di ritrovo, nelle palestre, ovunque.
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Nessuno c'insegna a fluire con la Vita, a realizzare, una volta entrati nel flusso, noi stessi, le nostre passioni, i nostri obiettivi. Se vi state chiedendo il perché, vi rispondo subito dicendovi che nemmeno loro, ossia le persone che si sono occupate della nostra edu-programmazione, sapevano come viverla, la Vita.
Tutte le persone vivono, in condizioni "normali" in modalità sopravvivenza. Da ciò si capisce bene come questo modus vivendi comporti, in primis, un dispendio sovrumano di energie che potrebbero essere, invece, utilizzate per sviluppare i propri talenti e, in secondo luogo, continuando a sopravvivere, la persona sottopone, inevitabilmente, il suo apparato psicofisico ad uno stress eccessivo che, a lungo andare, potrebbe determinare degli squilibri energetici fino a portare la macchina biologica alla morte.
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La causa di questo dispendio energetico è riconducibile, fondamentalmente, alla resistenza che opponiamo alla Vita stessa. Sì, perché oltre a vivere in modalità sopravvivenza, continuiamo a lottare, a resistere e, non da ultimo, a non accettare ciò che è.
L'essere umano tende, infatti, a progettare e volere che le cose vadano in un certo modo, ma la Vita può mandare tutto per aria in ogni istante. Ognuno vorrebbe una relazione stabile con un unico partner per sempre, un lavoro a tempo indeterminato, nessun ostacolo al successo e alla realizzazione dei propri sogni.
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Ma la Vita, nel suo continuo fluire, spesso ci impone delle fermate, dei cambi improvvisi di programma, cambi ai quali possiamo prontamente adattarci solo dopo aver smesso di resistere alla Vita stessa per entrare nel suo naturale fluire.
L'unica via per vivere e realizzare se stessi è quella della non resistenza, dell'accettazione incondizionata di ciò che è. Com'è ovvio, accettare non significa arrendersi, semmai significa accogliere il momento, onorandolo, con quello che offre, questo in un primo tempo. In seguito, dopo essersi arresi a ciò che è, si potrà sempre cambiare lo stato delle cose, se ciò risulta possibile.
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Faccio alcuni esempi: se il partner tradisce, invece di lottare contro o abbandonarsi alla disperazione, si può sempre accettare, non opporre resistenza. Ma ciò non significa che si deve rimanere con il partner, si può sempre cambiarlo o, comunque, lasciarlo.
Lo stesso vale per molti altri casi, sia nel lavoro che nella Vita sociale. Se un lavoro non ci piace, invece di lamentarci opponendo, in questo modo, una resistenza superflua, possiamo accettarlo e continuare quel tipo di lavoro fino a quando non troveremo di meglio; se un amico ci tradisce, invece di serbare rancore, desiderio di vendetta o lamentarci, possiamo perdonarlo e lasciarlo andare.
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Quando, infine, le cose non si possono cambiare, possiamo praticare l'arte dell'abbandonarci all'ADESSO. Questo è consigliabile quando una persona cara muore, in questo caso, infatti, non possiamo certamente cambiare le condizioni esterne, tuttavia possiamo sempre cambiare il nostro stato emotivo interiore, sentendo se c'è qualche forma di resistenza e se, dopo aver ascoltato il nostro corpo, la incontriamo, dobbiamo praticare l'abbandono, mollare la presa.
In questo modo, in tutti i casi elencati, smetteremo di consumare energia vitale per il nostro sistema psicofisico, manterremo il suo naturale equilibrio omeostatico e svilupperemo, al contempo, una condizione di resilienza nei confronti della Vita, imparando, come ha scritto il Mahatma Gandhi, a ballare sotto la pioggia invece di aspettare che cessi la tempesta...
Vincenzo Bilotta