"C'è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno." (Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila)
Ciascuno di noi interpreta un personaggio. No, un personaggio sarebbe poco. In realtà ciascuno di noi porta dentro di sé tanti personaggi quante sono le persone che frequenta, le situazioni con le quali interagisce. Se ci fate caso, quando siete a casa e vi trovate in compagnia di vostra madre usate un determinato tono, un certo linguaggio e delle posture specifiche.
Se, invece, vi trovate con i vostri figli, allora il discorso cambia, e ancora con vostra moglie e il vostro datore di lavoro o partner in affari o, ancora, se avete una ditta in proprio, con i vostri dipendenti. Insomma, ognuno di noi ha tanti personaggi dentro di sé, ognuno con una sua caratteristica specifica che li contraddistingue da tutti gli altri e ne delimita, al contempo, i confini.
Questi personaggi li sviluppiamo nel corso della nostra crescita e ci servono per interagire al meglio con il mondo a noi esterno. Nasciamo come lavagne bianche, non abbiamo nessun tipo di personaggio dentro. Quando siamo piccoli vogliamo solo giocare, esplorare il mondo, conoscere le cose, gioire del momento, il resto sono solo follie da adulti.
Poi il discorso cambia, col tempo si cresce, si riceve un'educazione-programmatica, si tende ad essere inquadrati per poi, terminato il processo di programmazione cerebrale, essere inseriti nel gregge di umanoidi medi e messi a pascolare come pecore del sistema. Ma questo è un altro discorso, oggi mi occuperò dei vari personaggi che vivono al nostro interno e che si sviluppano, li sviluppiamo noi in realtà, assieme al nostro sistema psicofisico.
Quando diventiamo adulti, tendiamo ad assumere determinati atteggiamenti a seconda delle persone che ci troviamo davanti. Fa parte del modo naturale di interagire con il mondo esterno, è una strategia efficace per comunicare con chi ci sta di fronte, assumendo posture, toni di voce, e modi di fare che dovranno essere il più efficaci possibili in relazione al contesto.
Perfino quando abbiamo il nostro gatto in braccio assumeremo determinate posture ed avremo un tono di voce diverso rispetto a quando andiamo a comprare il pane. Fa parte del gioco, il gioco dei personaggi, il gioco della Vita.
Il problema sorge quando noi non riusciamo ad uscire da un determinato personaggio ed esso comincia a governarci in maniera quasi automatica. In questi contesti noi siamo come degli zombie, non abbiamo più il controllo sulla nostra Vita, siamo come governati da un'identità a noi esterna, come posseduti da un demone/alieno.
Alcuni hanno problemi a togliersi di dosso la personalità che utilizzavano durante il periodo delle scuole superiori quando, magari, venivano derisi dai propri compagni o svalutati dai professori. In quel caso si rischia di sviluppare e portare avanti una personalità insicura anche nei contesti lavorativi o nelle relazioni interpersonali.
Fondamentalmente, dopo quanto detto, bisogna precisare che, quando si è da soli a casa si interpreta un altro personaggio, quello vero, quello che di solito non esprimiamo liberamente in pubblico. QUELLO SIAMO NOI. La nostra identità va oltre i singoli personaggi che sembrano popolare e spadroneggiare all'interno del nostro sistema psicofisico.
Noi siamo COLUI CHE OSSERVA i singoli personaggi. Se non riusciamo ad osservarci mentre interpretiamo i diversi personaggi, allora diventiamo come la maggior parte degli umanoidi medi: meccanici, scontati, incoscienti, in pratica degli zombie o, se volete, dei robot telecomandati da programmi educativi.
Ecco quanto è importante sviluppare l'osservatore esterno, quello che ci potrà consentire di gestire i vari personaggi nelle diverse situazioni di Vita quotidiane senza, tuttavia, mai perdere di vista la nostra vera essenza, quella che esiste al di sotto di tutto questo mare di persone che ci troviamo ad interpretare ogni giorno in quel teatro chiamato "Vita".
Impariamo, quindi, ad osservarci ed evitiamo, invece, di identificarci con uno o più personaggi perché essi non fanno parte di noi, ci servono per agire con il mondo esterno, per fare da tramite allo scopo di comunicare in maniera efficace ma, ricordatelo bene, non sono la nostra Vera Essenza.
La Vera Essenza non ha nome né forma, essa è al di là del corpo e della mente, Eckhart Tolle la chiama il "testimone", ciò perché osserva, testimonia gli accadimenti senza, tuttavia, lasciarsi da essi coinvolgere. Imparate, quindi, almeno provateci, a sviluppare questo testimone, o osservatore silenzioso, per poter vivere e interpretare diversi ruoli senza mai diventare qualcuno di specifico. Solo così potrete tornare liberi ed indipendenti riappropriandovi, al contempo, della vostra Vera Natura Divina che è silenzio oltre le parole e la forma.
Vincenzo Bilotta