La persona sveglia o, almeno, quella che veglia su di sé per non cadere nei soliti automatismi e rimanere imprigionata nella macchina biologica in balia di una mente incontrollata, vive il presente, di sicuro ci prova. Tuttavia, anche per coloro i quali il lavoro su di sé è diventato una pratica costante volta a risvegliarsi dall'identificazione con la macchina biologica, al secolo corpo fisico, esistono dei momenti di assenza nei quali si ritrovano catapultati in quella che amo definire "la stanza del pianto".
La stanza del pianto è quel luogo della memoria, presente, come il resto delle seghe mentali e le storie che ci raccontiamo ogni giorno, nella nostra mente dove a volte entriamo a rivivere i ricordi più o meno dolorosi appartenenti ai trascorsi della nostra Vita.
La stanza del pianto è quel luogo della memoria, presente, come il resto delle seghe mentali e le storie che ci raccontiamo ogni giorno, nella nostra mente dove a volte entriamo a rivivere i ricordi più o meno dolorosi appartenenti ai trascorsi della nostra Vita.
La stanza del pianto è figlia del passato, non potrebbe essere diversamente, al suo interno si trovano tutti i ricordi non ancora elaborati, i sensi di colpa, i conflitti, le persone mai perdonate che si sono comportate, a nostro avviso, in maniera non adeguata rispetto alle nostre aspettative. Detto in altre parole, nella stanza del pianto ci sta tutta la spazzatura emozionale della quale non ci siamo ancora decisi di sbarazzarci.
Molte persone stanno in maniera pressoché costante in questa stanza. Esse sono quelle che, non appena le incontri, ti rovinano la giornata con le loro lamentele, i loro piagnistei, parlandoti dei loro nemici. Per queste persone la Vita è una continua lotta, un campo di battaglia, per dirla alla Darwin, in cui solo il più forte può sperare di sopravvivere e loro, guarda caso, perdono sempre.... Chissà perché?
Tutti noi, in alcuni momenti della giornata o in alcune circostanze, tendiamo ad entrare nella nostra stanza del pianto personale, costituita dai nostri ricordi più dolorosi, più angoscianti, dei quali non ci siamo ancora riusciti (voluti, per chi ha tendenze masochiste, molti le hanno, troppi!) a liberare.
Il problema è che, una volta entrati nella stanza del pianto, ci illudiamo di essere svegli e di controllare la nostra Vita ma, in realtà, in quel momento, sono i nostri vissuti e i fantasmi del passato a controllare noi allo scopo di tormentarci con le solite angosce. Ciò fino a quando non ce ne rendiamo conto. Sarà allora che potremo decidere di prendere coscienza dell'esistenza di questa stanza del pianto (potremmo anche definirla stanza delle torture auto-inflitte) e chiuderne a chiave la porta definitivamente (ricordate di uscire prima e di non chiudervi dentro!).
Per chiudere a chiave questa stanza, ci sarà prima bisogno di liberarla da tutta la spazzatura emozionale al suo interno, diversamente la porta non si chiuderà. Alla luce di quanto detto finora, la prossima volta che tornate a fare una visitina alla vostra stanza del pianto, prendetene coscienza, osservate le emozioni in essa contenute, non fuggitele più!
Dopo aver visto che, in realtà, quelli che sembravano essere degli scheletri nell'armadio erano solo delle grucce di colore bianco, risvegliatevi nel QUI E ORA rendendovi conto, al contempo, che è ora di chiudere col passato, integrandolo come esperienza vissuta ai fini dell'evoluzione personale e non più come un luogo di tortura nel quale tornare, di tanto in tanto, al solo scopo di farsi del male rivivendo delle angosce che esistono solo nei luoghi della vostra memoria, al secolo nelle vostre stanze del pianto personali.
Vincenzo Bilotta