lunedì 27 ottobre 2025

Osservati

Ti sei mai osservato? Hai mai preso coscienza di te, dei tuoi pensieri, del modo in cui ti muovi, spesso come un automa, delle azioni che compi? Sì, perché quasi nessuno, nel corso della giornata, spesso della Vita, sembra ACCORGERSI DI SE'.

La gente non è mai presente a se stessa, a maggior ragione in questo periodo storico molto particolare, dove tutti sembrano storditi da questi smartphone sui quali arrivano continui, quanto inutili, stimoli visivi tramite le varie app di messagistica istantanea. A questo punto, parlare di lavoro su di sé, di osservazione, sembra un'impresa alquanto ardua, visto lo stato di sonno profondo nel quale vogliono tenerci.

(Immagine presa dal web)


Eppure basterebbe poco, basterebbe solo osservare. Basterebbe osservarsi mentre si rimane imbambolati per minuti, che a volte diventano delle ore, davanti al cellulare, ad inviare, ricevere, leggere, dei messaggi in maniera continuata, messaggi, la maggior parte dei quali hanno poca o nessuna utilità.

L'umanità era un po' rincoglionita di suo già prima dell'avvento degli smartphone, eppure, nonostante fosse persa nelle proprie fantasie mentali, riusciva ancora a fantasticare, mentre adesso ha finito pure di fantasticare, ci pensa lo smartphone con il suo messaggiare compulsivo e selvaggio.

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In un precedente articolo (intitolato PROVA PER UN GIORNO), invito i lettori a provare a spegnere il cellulare per un giorno, per osservare cosa avviene in loro, al loro interno, durante quel giorno di digiuno tecnologico voluto.

E' incredibile come non si riescano più a dominare i propri impulsi, non solo quelli sessuali o la tendenza a cibarsi il più del dovuto, tanto per fare un esempio, ma anche quello di guardare in continuazione nell'arco della giornata il cellulare.

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Proviamo ad osservarci, mentre lavoriamo, camminiamo, o guardiamo il cellulare per la centesima volta nell'arco di un'ora, chiediamoci se ci siamo o se lo stiamo facendo per abitudine e, di conseguenza, in maniera del tutto inconscia, automatica.

Il nostro semplice obiettivo dovrà essere quello di osservarci, di ricordarci di farlo il più spesso possibile. Il fatto stesso di osservarci col cellulare in mano, mentre passeggiamo, lavoriamo o quando siamo al ristorante con gli amici, dovrebbe aiutarci a riconoscere il nostro stato di sonno pressoché permanente, il che è già un gran traguardo, per coloro i quali riescono a perseverare.

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L'obiettivo non è il risveglio, quello può accadere in qualsiasi istante e, di solito, non dipende dal semplice processo di autosservazione il quale, tuttavia, può aiutare. L'obiettivo, qui, che è poi l'argomento di questo mio articolo di oggi, è quello di accorgersi di essere addormentati, di andare avanti nelle faccende quotidiane col pilota automatico inserito, tutto qui.

E già questa presa di coscienza sarebbe un balzo quantico oltre la spirale di sonno che tiene addormentata l'umanità oggi. Il solo osservarsi, il solo prendere coscienza del fatto di procedere come degli automi senza possibilità apparente di risveglio, può aprire una breccia in questo muro di sonno permettendo, per ciò stesso, di poter vedere, seppure per un solo attimo, LA LUCE OLTRE LE TENEBRE.

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Non cambiate, quindi, le vostre abitudini, rimanete nei vostri automatismi. Tuttavia, OSSERVATEVI mentre dormite e, in questo stato di sonno, lavorate, fate sesso, vi allenate, guardate gli inutili messaggi che vi arrivano sullo smartphone, questo è quanto. Buona pratica!

Vincenzo Bilotta

lunedì 13 ottobre 2025

Da zavorra a palloncino

Nasciamo liberi e leggeri, da bambini riusciamo a volare alto, coi nostri sogni, la nostra fantasia, la creatività che mettiamo in ogni cosa, principalmente nel gioco e, più in generale, nella Vita. Se dovessimo paragonarci, quanto a leggerezza, a qualcosa, potremmo somigliare a tanti palloncini colorati che, spensierati, volano liberamente nel cielo.

Gli adulti, invece, somigliano a tante zavorre, di quelle che si usano per tenere ancorati alla terraferma i palloni aerostatici. Essi non solo non volano, come faceva la maggior parte di loro da bambini (alcuni bambini sono già in parte, solo in parte però, zavorrati da alcune paure che hanno assorbito nel grembo materno), ma non riescono a muoversi neppure con eleganza.

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L'adulto, in genere, non scivola sulla Vita con leggerezza, a volte nemmeno ci cammina, sul percorso che la Vita gli pone dinanzi, niente di tutto ciò. Egli, quando non è molto appesantito, si trascina ma, molto spesso, striscia per terra con fatica e senza alcuno scopo.

Chi aveva lo scopo e volava alto era il bambino, quando ancora usava le ali senza che nessuno gli avesse insegnato come fare. Sì, perché i bambini volano d'istinto, si lasciano guidare dal cuore e dalla Vita senza porsi tante domande, senza nutrire alcun dubbio, riducendo le paure ad uno scherzo del quale si può, certamente, fare a meno.

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Così il bambino vola, proprio come un palloncino, sui sentieri tracciati dalla Vita, a volte ne crea di nuovi, sentieri, che percorrerà, lui per primo, facendo da esploratore e apripista a tutti coloro i quali vorranno, in seguito, sperimentare lo stesso percorso, passando per gli stessi bivi ed ammirando, di conseguenza, gli stessi paesaggi.

Ma poi il bambino viene messo al guinzaglio, gli viene raccomandato di non usare le ali, di smettere di sognare, di diventare una persona concreta. Glielo ripetono le persone nelle quali egli ripone la massima stima, la massima fiducia e allora, quasi sempre, ci crede, gli da ascolto senza porsi tante domande, e smette di sognare, e smette di volare.

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In questo modo, pian piano e col passare del tempo, comincia il processo di trasformazione che lo porterà ad essere adulto e, di conseguenza, da palloncino, libero di volare alto nei cieli dell'immaginazione creativa, diventerà zavorra, una zavorra gravata da pesi così grandi da essere, molte volte, costretta a sprofondare negli abissi della più profonda disperazione.

Basta guardare fuori, in giro per le strade, per capire di cosa sto parlando, di zombie robotizzati che vivono senza saperlo in attesa della grazia della morte per liberarsi da un'esistenza che, essa stessa, sembra averli maledetti a tal punto da volerli destinare ad un inferno già qui, sulla terra, mentre sono ancora "vivi" (sarebbe più corretto dire morti viventi!).

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Ma c'è una speranza anche per chi è diventato zavorra, una possibilità di invertire il processo, liberandosi dai pesi di una Vita manipolata dalle strutture scolastiche, da un sistema che vuole tutti uguali, schiavi dei mascalzoni che stanno al potere senza essere stati votati e privati non solo di ogni dignità ma, anche e soprattutto, del diritto di sognare, che dovrebbe essere garantito ad ogni uomo, perché l'uomo che smette di sognare, è già un uomo morto.

Uscire dalla globalizzazione, dalle ideologie inculcate fin dall'infanzia allo scopo di creare un mondo di robot telepilotati dall'alto, non è un'utopia ma, al contrario, è qualcosa di realizzabile, anche se per far ciò occorrerà un processo di destrutturazione, in pratica occorrerà USCIRE DA MATRIX, da tutto quello che ci hanno insegnato sotto ipnosi per farci smettere di ragionare ed per farci eseguire ordini al comando.

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Le zavorre vanno eliminate pian piano, giorno per giorno, il processo di liberazione potrebbe richiedere tanto tempo quanto ne è occorso per il lavaggio del cervello al quale ci sottopongono a scuola, in chiesa, ovunque.

Ma per fortuna niente è perduto, e il fatto stesso di cominciare permetterà, ben presto, di smettere di strisciare per terra come vermi al servizio di chi sta al potere, e facendo intravedere la possibilità di trascinarsi, che è già meglio di procedere strisciando.

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Poi, col tempo, con l'aumento della consapevolezza, alcuni potrebbero liberarsi improvvisamente e definitivamente da tutte le zavorre e sentirsi così leggeri da poter tornare a volare, proprio come quando erano liberi, indomiti e felici, in una parola: BAMBINI.

Cominciamo col prendere coscienza dei pesi che ci portiamo addosso senza un motivo ben preciso, poi chiediamoci a cosa serve aggiungere peso alle nostre Vite e se è ancora il caso di continuare a farci carico di zavorre che ci rallentano nel nostro processo di crescita, allontanandoci dai nostri sogni fino a spegnerci come individui.

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Il passo finale sarà quello di smettere di sentirsi in colpa se si decide di abbandonare un percorso che altri, magari i genitori o insegnanti ai quali siamo particolarmente affezionati, hanno tracciato per noi e cominciare ad esplorare nuove strade. 

Qualora non ci fosse una strada in grado di portarci dove vorrebbe il nostro cuore, sarò nostro compito crearne una, tutta nostra, passo dopo passo, fino ad abbandonare anch'essa e volare alto fino al nostro traguardo, quello che sognavamo di raggiungere quando eravamo dei bambini-palloncini e credevamo ancora nella magia.

Vincenzo Bilotta