martedì 19 novembre 2024

Tutto ha uno scopo

Tutto ha uno scopo nella Vita, diversamente non accadrebbe. Se ci ammaliamo, lo scopo della malattia è di farci vedere dove abbiamo sbagliato, dove abbiamo tirato troppo la corda con il nostro corpo, dove abbiamo ecceduto nelle emozioni negative e questa rappresenta una chance che ci da il nostro corpo, perché la malattia non è una nostra nemica, essa è solo un segnale d'invito, un invito volto al cambiamento, del modo di pensare, agire e, in generale, vivere.

Quando si prende coscienza del comportamento autodistruttivo che ha portato nella nostra Vita la malattia, si guarisce interiormente, non più tramite i farmaci, ma attraverso una nuova consapevolezza che ci consentirà di trasformarci interiormente, permettendoci di non ammalarci più in futuro. Infatti, la guarigione DEFINITIVA può avvenire solo attraverso una nuova CONSAPEVOLEZZA che ci consentirà una nuova visione della Vita, i farmaci, diversamente, allevierebbero solo i sintomi.

(Immagine presa dal web)


Quando incontriamo delle persone che si rivelano false, degli amici che ci tradiscono, dei partner che non sono fedeli, invece di piangerci addosso, ripetendoci quanto siamo stati "sfortunati" ad incontrare questo genere di persone chiediamoci, piuttosto, quale ruolo essi abbiano rivestito all'interno della nostra Vita e ben presto scopriremo che essi hanno sempre fatto parte, sin da quando la nostra anima si è incarnata nel nostro corpo, del nostro progetto di Vita.

Questo genere di persone inaffidabili sono, in realtà, dei maestri che incontriamo lungo il nostro cammino nei sentieri della Vita, il cui unico scopo è quello di svegliarci, di farci acquisire coscienza, esperienza del fatto che non dobbiamo nutrire nessuna aspettativa sugli altri esseri umani perché, in quanto umani, possono cambiare idea e deluderci.

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Impariamo a non avere aspettative e a non contare su nessuno tranne che su noi stessi e sulla nostra centratura. La perdita di un'azienda, un lavoro che non va come dovrebbe non sono degli eventi negativi.

La gente, di solito, vede in determinati eventi solo il lato negativo e inizia a piangersi addosso, a ripetersi quanto sia stata "sfortunata" nell'intraprendere quella determinata attività e dei relativi soldi che ha perso, rassegnandosi, spesso, all'idea che ormai è troppo tardi per creare una nuova attività ripartendo da zero.

(La copertina del mio libro, raffigurante un uomo che esce dal bozzolo e vede la luce)


Tutto questo è totalmente sbagliato, perché proprio quando un evento negativo accade, esso non costituisce altro se non uno stimolo a farci cambiare lavoro, città nella quale viviamo, a rafforzare la fiducia in noi stessi, a ricominciare da zero con più forza e determinazione.

La verità è, cari lettori, che lo scopo di ogni accadimento è quello di farci diventare delle persone più forti, più sagge e più COSCIENTI. Ovviamente, bisogna essere nel cammino di crescita personale, avere occhi per vedere e orecchie per ascoltare.

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Risulta di importanza fondamentale, una volta acquisita una coscienza superiore grazie (e non a causa) a questi accadimenti che ci mettono alla prova, squarciare il velo di Maya (velo dell'illusione, secondo il buddhismo, che non permette di vedere la realtà oltre le apparenze, per maggiori dettagli puoi digitare sul motore di ricerca del mio blog OLTRE IL VELO DI MAYA e leggere il mio articolo completo) e andare oltre le apparenze fino a trasformare la propria Vita.

Quando capiremo che tutto ha uno scopo nella Vita, altrimenti non accadrebbe, in breve, da persone perseguitate dal destino ci accorgeremo ben presto di essere diventati più saggi. A quel punto, la Vita diventerà la nostra Maestra e ogni persona o evento che interagiranno con noi si trasformeranno in un libro dal quale studiare per riscoprire ed approfondire le nostre qualità e non più delle occasioni per sentirsi dei falliti.

Vincenzo Bilotta 

martedì 5 novembre 2024

L'asceta e il peccatore

Il cammino di crescita personale è un cammino fatto, molto spesso, di tentativi. Non è che cominci il cammino e t'illumini, a volte ci si può pure perdere, altre volte si può scegliere di fermarsi o tornare sui propri passi, ciò se non si possiede la disciplina necessaria per andare oltre gli eventuali ostacoli che potrebbero presentarsi lungo il percorso.

Quando si vuole raggiungere un certo grado di evoluzione spirituale, se si vuole davvero salire e scegliere di abbracciare una Vita ascetica o, comunque, meno mondana rispetto alla gente comune tutta aperitivi e glamour, sarebbe bene, prima, sperimentare la materialità, quella che più ci aggrada.

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Non vi sto invitando a drogarvi, a partecipare a delle orge o a compiere rapine, no, non avrebbe senso. Vi sto invitando a sperimentare gli opposti di quello che volete raggiungere. Se volete imparare a stare bene da soli, dovrete prima frequentare persone, locali, stare in mezzo alla gente per capire se questo vi serva davvero o se, invece, potete tranquillamente fare a meno, lo stesso dicasi per la Vita mondana o il possedere beni di lusso.

Se prima non faccio sesso non saprò che cosa vuol dire astinenza, se non sto in mezzo alla folla non potrò mai imparare a stare in silenzio, e gli esempi potrebbero continuare all'infinito. E quando riusciremo a stare bene in silenzio, da soli, una volta raggiunta la centratura, non dovremmo cominciare a giudicare chi ama la compagnia o teme il silenzio, perché ognuno di noi possiede un po' di ciò che critica negli altri e, molto probabilmente, durante e, soprattutto, prima dell'inizio del cammino, eravamo come o forse peggio di chi tenderemo a criticare una volta usciti dalla meccanicità.

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Ma il criticare denota un attaccamento al mondo esterno e, lungi dall'essere un segno di crescita, fa intuire, piuttosto, una forma di giudizio nei confronti degli altri, delle loro scelte, delle loro Vite. Ognuno è libero di farne ciò che vuole, della sua Vita, e nessuno deve permettersi di criticarlo. Ovviamente, questo non è un invito a delinquere in generale, lo scrivo per chiarirmi con chi non riuscisse a comprendere il mio messaggio.

In ognuno di noi vive sia l'asceta che il peccatore, e il punto di equilibrio sta nel mezzo. Ovviamente, se per natura si tende a vivere in mezzo alla folla, si ama il sesso e tutto ciò che ci fa immergere nella materia purché non si arrechi danno a nessuno, anche questa è una delle possibili vie, nessuno vieta di percorrerla, ogni anima sceglie a modo proprio cosa sperimentare su questo piano dimensionale una volta scesa quaggiù. 

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Se, viceversa, si propende verso l'ascesi, la lontananza dal frastuono quotidiano, prediligendo la natura, il silenzio, la meditazione, anche questa è una via. Ci sono, poi, com'è naturale, le vie di mezzo, in cui si decide di essere sia asceti che peccatori: in questo caso si praticano meditazione, yoga ed esercizi di presenza mentale senza rinunciare ad un aperitivo con gli amici, anche questa è una via, molto utilizzata da coloro i quali vivono in città e decidono di non rinunciare del tutto alle attrazioni della Vita mondana, dopotutto seguire un cammino di crescita personale non implica necessariamente l'isolamento monastico, quella è una questione di scelte personali.

Non vantatevi se riuscite ad isolarvi e meditare, ad apprezzare la natura, rinunciate alla voglia di giudicare negativamente chi non lavora su di sé. Viceversa, se rinunciate al percorso di ascesi per abbracciare la Vita mondana, evitate di giudicare come "strani" colori i quali, invece, hanno deciso di intraprendere un cammino di crescita interiore, perché, dopotutto, in ognuno di noi vivono sia l'asceta che il peccatore e non vanno mai rinnegati in quanto fanno parte della nostra natura.

Vincenzo Bilotta

lunedì 21 ottobre 2024

Morire prima di morire

Quando nasciamo e fino a quando non andiamo a scuola, siamo liberi e possiamo considerarci infinitamente potenti. Poi, con l'addomesticamento scolastico, o educazione-programmatica, le cose cambiano e noi non siamo più liberi, in aggiunta veniamo pure depotenziati.

Così, mentre da bambini eravamo pieni di entusiasmo, creatività, voglia di vivere, di divertirci, di esplorare il mondo, di GIOCARE CON LA VITA, man mano che il processo di programmazione dei nostri cervelli a scuola va avanti, noi perdiamo quello smalto, quella grinta che ci caratterizzava, per diventare, infine, degli adulti ammuffiti.
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E' frequente sentire ripetere alle persone "era bello quando ero piccolo, non avevo pensieri". In pratica, a scuola, a casa e nella società in generale, c'insegnano che diventare adulti significa spegnersi, limitandosi a lavorare come somari, a procreare e poi, quando non gli servi più, ti danno un calcio nel sedere e ti rottamano...

Queste idee, assieme a quelle che col passare degli anni si debbano avere acciacchi e non si possa più studiare materie nuove per specializzarsi magari in discipline che, ai tempi in cui andavamo all'università, non esistevano ancora, sono tutti programmi depotenzianti, i quali, se continuerete a crederci, vi faranno finire in mezzo al gregge dei non-pensanti, un gregge fatto di persone che hanno deciso di adattarsi supinamente a ciò che fanno gli altri senza più pensare, nemmeno il minimo che gli è ancora consentito, nonostante il processo di addomesticamento.
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Ma come fare per uscire da questa sorta di incubo, che somiglia tanto a un progetto diabolico volto a lobotomizzare tutti per poi controllarli e indurli ad obbedire supinamente ed incondizionatamente? In teoria, pochi in questa Vita sono riusciti sia pure ad accorgersi dello stato di schiavitù mentale, della programmazione cerebrale destrutturante nella quale versano, la maggior parte vive, se così si può dire, nel sonno, in attesa dell'annientamento definitivo.

Nel frattempo, in attesa della morte, ognuno vive secondo i programmi che gli hanno installato a scuola, a casa, nei luoghi in cui ha praticato attività sportive. In ogni caso si può uscire dalla programmazione, ma prima bisogna accorgersene e poi, in un secondo tempo, bisogna avere il coraggio di non fare più come "fanno gli altri".
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Dopo aver deciso di uscire dalla programmazione, occorrerà morire prima di morire, ossia bisognerà ripulire la lavagna interiore, al secolo cervello, da tutte le convinzioni limitanti le quali, se tenute ancora attive in testa, ci farebbero andare avanti in automatico e secondo le direttive impartite dall'alto dai nostri programmatori.

Non si muore una volta sola, alcuni possono farlo due volte. La volta prima della morte del nostro apparato psicofisico, però, sarà quella più importante, quella che determinerà la nostra rinascita, la nostra libertà dalla programmazione, dagli schemi mentali, dalle convinzioni limitanti.
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Morire prima di morire significa tornare in Vita, prima che sia troppo tardi, riappropriandosi della propria creatività, risvegliando il bambino che è in noi, aprendo il nostro cuore alla Vita, scuotendosi di dosso la muffa e il torpore che ci avevano installato attraverso il programma "adulto pieno di responsabilità".

Chi riesce a morire prima di morire, quando rinasce a nuova Vita sa che l'età è solo un numero, che non è mai troppo tardi per realizzare i sogni che abbiamo coltivato sin da bambini, che non è vero che gli adulti non possono mai giocare, divertirsi ed essere felici, solo i morti non ne hanno più la possibilità, ciò perché sono morti.
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Usciamo da questa Vita da zombie, moriamo prima di morire, apriamo gli occhi, torniamo a stupirci per un tramonto, per una lumaca che esce fuori dopo la pioggia col suo incedere lento, impariamo a vivere, a modo nostro, senza schemi, in funzione della realizzazione dei nostri sogni smettendo, al contempo, di guardare in direzione delle tenebre, volgiamo lo sguardo verso la luce e viaggiamo spediti verso la realizzazione dei nostri sogni, nessuno può impedircelo, perché solo noi siamo i condottieri della nostra Vita!

Vincenzo Bilotta

lunedì 30 settembre 2024

Impara a "camminare sulle acque"

"Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, nel vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero 'E' un fantasma' e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: 'Coraggio, sono io, non abbiate paura'. Pietro gli disse: 'Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque'. Ed egli disse: 'Vieni!'. Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: 'Signore, salvami!'. E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: 'Uomo di poca fede, perché hai dubitato?'. Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: 'Tu sei veramente il Figlio di Dio!'. (Mt. 14, 22-33)

Quanti di voi sanno "camminare sulle acque?". No, non parlo di camminare sulle acque nel vero senso della parola, ma nel senso metaforico, un po' come avviene in questo passo del vangelo secondo Matteo. Qui Gesù cammina sulle acque, proprio lui che, provenendo da un piccolo paese nelle montagne, probabilmente non sapeva nemmeno nuotare...

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Ma chi rischia di annegare, in questo passo del vangelo è, invece, Pietro, proprio lui che era un pescatore ed esperto del mare... Ma cosa significa tutto questo? La risposta l'abbiamo da parte di Gesù quando stende la mano per aiutarlo, dopo che Pietro implora il suo aiuto. In particolare, Gesù dice a Pietro: 'Uomo di poca fede, perché hai dubitato?'.

All'inizio, infatti, quando Gesù chiama Pietro a sé nel mare in tempesta, questi è in grado di camminare, al pari del Maestro, sulle acque. Ma poi succede qualcosa, in particolare Pietro ha paura di non farcela a causa del vento violento che sferzava le acque, così rischia di annegare, se non fosse stato per l'aiuto di Gesù.

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Ma perché ho voluto richiamare l'attenzione, oggi, su questo passo del vangelo? Cosa c'entra con la crescita personale e il lavoro su di sé? In realtà, posso dirvi che la comprensione di questo solo passo del vangelo, comprensione profonda, non mentale, potrà aprirvi le porte del regno dei cieli... Interiore!

Il fatto è che la gente manca di fede, fede in se stessa, nella propria guida interiore e, non da ultima, fede nella Vita. Così i miracoli non accadono e le potenzialità della nostra mente restano, per il 90% circa, inutilizzate. E noi affidiamo il nostro potere all'esterno, ai medici per avere la salute, al partner per sentirci completi, agli amici per non sentirci soli e al lavoro per realizzarci.

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In pratica noi, a causa della nostra mancanza di fede, dipendiamo, per essere felici, realizzati, in salute, completi, dall'esterno. Una cosa davvero comune in una società come la nostra, fatta di relazioni virtuali, sentimenti inespressi, refrattarietà agli stimoli reali, saturi come siamo a causa delle sovrastimolazioni sensoriali che subiamo dai social e, in generale, dalla realtà virtuale.

Tuttavia ci sono dei momenti in cui, mettendo da parte ogni paura, siamo in grado di "camminare sulle acque". Riuscirci la prima volta non basta, però, occorre farlo ancora, e ancora, e ancora, fino a farla diventare un'abitudine costante, abitudine che è in grado di trasformare la nostra Vita in maniera radicale e, ovviamente, in direzione del miglioramento.

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Impariamo a camminare sulle acque da chi ci è già riuscito e ha consolidato la sua fede, abbandoniamo ogni paura e, in breve, accadranno miracoli nella nostra Vita. Il trucco sta nello smettere di avere paura e, al contempo, lasciarsi andare con FEDE a ciò che si desidera, senza più dubbi, eliminando ogni convinzione limitante.

Noi tutti siamo aquile e, in quanto tali, destinati a volare alto. Ma prima di fare ciò, dobbiamo trovare il coraggio di abbandonare la comunità delle galline non-pensanti della quale credevamo di fare parte. Allora, solo allora, il miracolo avverrà, in ogni settore della nostra Vita.

Vincenzo Bilotta

mercoledì 18 settembre 2024

Impara a dire GRAZIE!

Viviamo in una società fatta di lamentosi. I posti dove passiamo più tempo fin da piccoli, ossia casa, scuola, palestra, locali pubblici, ci educano, ci invogliano a lamentarci. In Sicilia c'è un detto che recita: "Vo' stari bonu? Lamentati!" (Trad. "Vuoi stare bene? Lamentati!"), in pratica è una sorta d'invito scaramantico a lamentarsi, allo scopo di attirare a sé il bene, un po' contraddittorio direi...

In questa società di lamentosi è facile intuire il perché ci sono tante persone scontente, arrabbiate, depresse e con diversi disturbi psicosomatici. Anche i mass media, del resto, fanno la parte del leone in fatto di lamentela: notizie di cronaca nera a mai finire, guerre, futuro incerto e via dicendo, l'elenco potrebbe continuare all'infinito...


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Il fatto è che nessuno ci ha insegnato a dire GRAZIE, ad essere grati. La gente non sa dire grazie perché è troppo impegnata a lamentarsi e, di conseguenza, a cercare dei motivi, all'interno della propria Vita, per i quali esprimere lamentela.

Ma imparare a ringraziare non è poi così difficile, semmai è una questione di FOCUS, di attenzione da dedicare a ciò che ci fa stare BENE e non, come fa la maggior parte dei non-pensanti, a ciò che provoca disagio, ansia, angoscia, rabbia, paura, odio e via dicendo.

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Certo, l'educazione e gli ambienti nei quali cresciamo non ci aiutano, di certo, a concentrarci sulle cose per le quali poter essere grati, ma questa è solo una questione di focus, come dicevo prima. Se i nostri insegnanti, genitori, amici, allenatori e parenti ci hanno insegnato a lamentarci, ciò è dovuto al fatto che, essi stessi, prima di noi, hanno imparato negli ambienti nei quali sono cresciuti, a lamentarsi.

Essi, prima di noi, semplicemente si focalizzavano su ciò che li metteva a disagio invece di concentrare la loro attenzione su una o più cose che avrebbero potuto farli sentire grati. A ciò si aggiunga il fatto che viviamo, ormai, in una società dove si vuole avere sempre di più e se non si riesce ad ottenere ciò che si vuole in maniera quasi istantanea, allora ci si lamenta, gli esseri umani sono diventati degli eterni incontentabili.


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E pensare che basterebbe imparare a volgere lo sguardo verso le cose positive, quelle che, se ci pensassimo anche per un solo istante, potrebbero migliorare sia il nostro umore che il nostro stato di benessere psicofisico...

Ma non tutto è perduto, e la via per imparare ad essere grati è più semplice di quanto si possa pensare. Provate a fare il seguente esercizio: ogni mattina appena alzati e la sera prima di andare a dormire, provate a RINGRAZIARE per uno o più motivi che vi fanno sentire GRATI e, se proprio non ne trovate, allora ringraziate, mattina e sera, per il solo fatto di essere vivi!

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Con il tempo e con l'esercizio capirete che la lamentela, così come la gratitudine, sono questione di attenzione focalizzata, oltre che di scelta. Anche se continuerete ad avere tanti motivi per cui lamentarvi, voi continuare a NON DARE ENERGIA ad essi e volgete la vostra ATTENZIONE anche su un solo motivo che vi fa sentire grati alla Vita, a Dio e all'universo.

L'ENERGIA VA DOVE VA L'ATTENZIONE. DEDICATE LA VOSTRA ENERGIA ALL'AMORE, AL PERDONO E, NON DA ULTIMO, ALLA GRATITUDINE, SMETTETE DI SPRECARE ENERGIA CONCENTRANDOVI SULLA LAMENTELA E, QUANDO TROVATE DEI MOTIVI PER CUI LAMENTARVI, RIMANETE IN SILENZIO E IN OSSERVAZIONE DEL PENSIERO DI LAMENTELA SENZA, TUTTAVIA, ESPRIMERLO A PAROLE, SEMPLICEMENTE LASCIATELO ANDARE, NON VI APPARTIENE!

Vincenzo Bilotta

lunedì 2 settembre 2024

Ascoltare il proprio corpo

Viviamo in una società dove si ripone tanta, troppa fiducia in qualcuno/qualcosa che sta al di fuori di noi. Di conseguenza, ci si affida alla scienza per il benessere fisico, alla religione per il benessere spirituale e, così facendo ci si toglie ogni potere di gestire la propria Vita ed essere felici in maniera indipendente rispetto all'esterno.

Molte persone vanno dietro alla scienza e ai suoi studi che scoprono ogni giorno nuove proprietà in una sostanza per poi smentirle il giorno dopo, dicendo addirittura che è nociva all'organismo. La cosa fondamentale che molte persone dovrebbero capire, è che la scienza è umana, fallace e contraddittoria e non può sostituirsi al sentire di ciascun individuo rispetto al proprio corpo e alle sue necessità.

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Ogni esperimento scientifico è valido solo se ripetibile, questo è uno dei motivi per cui l'omeopatia non è considerata dalla scienza ufficiale. I rimedi omeopatici, infatti, sono individuali e cambiano da persona a persona rispetto ai modi, tempi e dosaggi, mentre i rimedi della scienza, quelli allopatici, per intenderci, per essere giudicati efficaci devono funzionare su un ampio campione di soggetti sui quali vengono sperimentati prima dell'immissione in commercio.

Ma della scienza non ci si può fidare, visto l'abominio che hanno combinato a partire dal Marzo 2020 attraverso le sperimentazioni di massa contro il truffa-virus. In realtà la scienza è poco credibile, in quanto, come dicevo prima, tende a generalizzare su tutto quello che riguarda la salute dell'uomo, anteponendo i propri interessi economici al benessere degli individui.

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Cosa fare allora? Dobbiamo imparare ad ascoltare il nostro corpo, cominciare a percepirlo, ad essere coscienti di esso, a trattarlo bene. I medici dicono che si deve fare colazione perché è importante, oppure che la sera la pasta non si deve mangiare, o altre stupidaggini simili. Ma queste sono solo generalizzazioni, in quanto se si è sazi al mattino perché si è stati a cena fuori ad abbuffarsi, converrebbe, allora, saltare perfino il pranzo, ciò per permettere all'organismo di assimilare l'eccesso di cibo introdotto il giorno prima in maniera forzata.

In ayurveda, ad esempio, si consiglia di mangiare la pasta la sera, principio contrario alla medicina allopatica. La medicina ayurveda, che ha più di 3000 anni, ha scoperto, fin dall'antichità che assumere carboidrati la sera facilità il riposo notturno. 

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Potrei continuare con numerosi esempi e riscontri tratti dalle cosiddette medicine olistiche o, come le definisce la medicina allopatica, "alternative", ma mi fermo qui, perché non è lo scopo di questo articolo confrontare i diversi approcci terapeutici in fatto di nutrizione e, in generale, benessere umano.

Questo articolo vuole essere un invito a chi lo legge ad ascoltare il proprio corpo. Ascoltare il proprio corpo significa essere, innanzitutto, coscienti di avere un corpo, delle sue funzioni e, in un secondo tempo, scegliere di prendersene cura, seguendo i ritmi della natura, non i dogmi della folle scienza.

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Ascoltare il proprio corpo significa capirne i segnali, non forzando mai i suoi naturali ritmi ma, al contrario, assecondandoli. Se, ad esempio, è ora di pranzo ma non abbiamo fame, non dobbiamo mangiare, perché, così facendo, intasiamo ulteriormente il nostro corpo, meglio saltare un pasto che stare male.

Anche per quanto riguarda il riposo, l'attività fisica e il lavoro, dovremmo ascoltare il nostro corpo e riposare il tempo necessario per recuperare al 100%, allenarci quanto basta per tenerci in forma senza rischiare il sovrallenamento e lavorare senza fare troppi straordinari.

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Oltre a quanto detto finora, un'attenzione particolare merita la cura della propria Vita spirituale, della propria mente, ponendo attenzione ai propri pensieri, OSSERVANDOLI e imparando a lasciare andare quelli che generano in noi ansia, rabbia, paura e nutrendo, invece, sentimenti di gioia, gratitudine, allegria, imparando a sorridere e guardando più film comici e meno film drammatici.

Imparare a meditare quotidianamente, anche per soli 10 minuti ma in maniera costante, è la ciliegina sulla torta per il nostro benessere a 360 gradi. Gran parte dei disturbi, infatti, è di origine psicosomatica e deriva da pensieri che generano stress, innescando la produzione di adrenalina e cortisolo nel sangue con il conseguente abbassamento delle difese immunitarie e la potenziale esposizione ai più disparati tipi di patologie.

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Meditate ogni giorno, oppure non meditate, non ci sono scuse, tutti abbiamo 10 minuti da dedicare al nostro benessere, eppure nessuno li dedica alla propria centratura, quando invece si sprecano, in media, almeno due ore al giorno per scrivere e rispondere nelle messaggistiche istantanee sugli smartphone!

Il benessere è una scelta, nessuno ci obbliga. Ma quando si decide di ascoltare il proprio corpo, è lì che comincia una vera e propria storia d'amore con se stessi, una storia fatta di coccole, di cure, un viaggio alla riscoperta di se stessi e delle infinite capacità di rigenerazione e autoguarigione insite nel nostro sistema psicofisico.

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Innamoratevi di voi, ascoltatevi, muovetevi, mangiate quando avete fame e dormite quando siete stanchi, fate il lavoro che vi piace, frequentate SOLO le persone che vi fanno stare bene, concedetevi degli spazi lontani dalle persone dove potervi dedicare a voi stessi, concedetevi un massaggio, andate in palestra, mangiate in quel ristorante dove cucinano il vostro piatto preferito, perché la salute è una questione di scelta, scegliete voi, di ascoltare il vostro corpo, non la scienza, perché nessuno, meglio di voi, sa cosa sia giusto per vivere bene!

Vincenzo Bilotta

martedì 20 agosto 2024

Smetti di combattere

Fin da piccoli c'insegnano che la Vita è una lotta continua. Così, crescendo, immaginiamo la Vita come un campo di battaglia, dove ogni giorno dobbiamo utilizzare nuove strategie per sconfiggere i "nemici" esterni, diversamente verremo sconfitti/uccisi.

Questa visione, oltre ad essere molto triste, viene rimarcata dai film, dove chi va a morire per i governanti per un misero stipendio e una stupida medaglia, viene osannato come una divinità. Ma il messaggio subliminale è ben diverso, e cioè convincere, tramite esaltazione, a servire chi sta in alto offrendosi, a pagamento, come vittima sacrificale degli interessi geopolitici.

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In piccolo, così come in grande, insomma, all'atto pratico ci dicono che se vogliamo "sopravvivere" dobbiamo combattere. Si parla di combattere il traffico, le "malattie", l'inquinamento, la delinquenza, la fame nel mondo e potrei continuare con altri articoli all'infinito.

Tutto il sistema moderno, specie quello occidentale di stampo cattolico, ci pone dinanzi la Vita come se fosse un calvario, un campo di battaglia, una lotta infinita dove si lavora per un tozzo di pane e si tira a campare... Roba da emigrare in un'altra galassia!

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Stando così le cose, con un modo di pensare così triste, rassegnato, è normale che ci siano così tante persone tristi, lamentose, depresse, insoddisfatte e la follia dilaghi liberamente per le strade senza freni. Il fatto stesso di doversi alzare al mattino in "modalità combatti o muori" non rende, di certo, nessuno grato per il fatto di essere vivo, anzi, fa maledire a molti perfino il fatto di essere nati!

Ma combattere serve davvero? In realtà non serve proprio a nulla! Anzi, alla lunga finisce per consumare tutte le energie che si sarebbero potute utilizzare per sviluppare la propria creatività, mantenersi in perfetta forma psicofisica, essere GRATI.

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Alla fin fine, il mondo è sempre lo stesso, dipende da come lo si vive, da come lo si guarda. Possiamo alzarci e combattere, e allora dovremo tenere in conto che qualcuno, prima o poi, ci sconfiggerà, e quel qualcuno, nella maggior parte dei casi, saremo noi stessi.

Continuando a lottare, a resistere alla Vita e a ciò che ci porta, prima o poi ne usciremo sconfitti, delusi, a volte malati o morti. Ne vale davvero la pena? La risposta è NO! La Vita è una e va vissuta con gioia, gratitudine, entusiasmo, creatività, spirito d'iniziativa, senso dell'avventura, altrimenti sarà come se non fossimo mai vissuti.

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La Vita, oltre alla modalità "combattimento", può essere semplicemente vissuta in modalità "flusso", a quel punto tutto cambia. Il non opporre resistenza a ciò che è ci fa risparmiare un sacco di energie che ci permetteranno di mantenerci in salute, di rendere al massimo in ogni attività quotidiana e AMARE ogni singolo istante, accettandolo per come la Vita ce lo manda.

La soluzione migliore per vivere appieno la Vita consiste, secondo me, nello smettere di combatterla, di resistere al suo flusso continuo, di vivere nella tensione ed in modalità "lotta o fuggi" per poter abbracciare, finalmente, le modalità AMORE, ACCETTAZIONE, GRATITUDINE, CENTRATURA, CREATIVITA'.

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Quando si passa dalla modalità "guerra" alla modalità "accettazione" in realtà nulla cambia all'esterno. Il cambiamento avverrà al nostro interno e l'esterno si limiterà ad adattarsi alle nostre scelte, al nostro nuovo modo di essere, vedere e percepire la Vita, ciò perché il mondo siamo noi, ed esso è il nostro specchio.

Vincenzo Bilotta